Immagine dal web
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La collina una regina,
sulla cima una corona, acqua e vita.
La circondano strade, tortuose e virtuose.
Fatica nel salire, dolcezza nello scendere.
Rose profumate, coltivate nel giardino trionfale.
Inizio di tutto, tra amore e radici.
Dal terrazzo, si domina il mondo alla base.
L'infinito.
Per i bambini tracciato d'avventura,
per gli adulti sostanza e essere.
Lontano, in basso, macchie di verde e di azzurro.
Piccoli esploratori, con fazzoletto colorato al collo.
Campi di grano colto, gambe graffiate, labbra sporche di frutta selvaggia.
Passi lunghi e senza riposo.
Mille voci, avventure, fantasia.
Canzoni stonate lasciate ad eco distratti.
Ore di silenzio tra ami e canne scosse dal vento.
Pietre lisce, piatte, da tirare contro l'ombra del fiume amico.
Scintillante, promettente, carico di speranze.
L'acqua è trasparente come la ricerca fatta con la bellezza nel cuore.
Non troppo lontano il fischio di un treno.
Una strada ferrata da percorrere in bilico su piccole rette di ferro.
L'odore di un legno pesante, che porta tanta fatica.
Usato per costruirle ma anche per scaldare, d'inverno.
L'estate del ricordo, immutabile, perfetta.
Come un intero campo di papaveri rossi, cullati dal vento leggero.
Un ricordo che sarà protetto dal mio cuore per sempre.
Assieme al mondo che non c'è più.
Ma che resta quello più vero.
(Mariellaesseci-tutti i diritti riservati)
(Mariellaesseci-tutti i diritti riservati)
Trentacinque anni mi separano dalla fine della mia infanzia.
E il ricordo è lì, impresso nella fotografia dell'ultima estate.
Tra quelle persone e quei luoghi che un evento tragico ha allontanato da me.
Solo in apparenza.
Perché la culla del ricordo li sostiene vividi tra le macchie rosse del prato più bello del mondo.
IRPINIA, 23 NOVEMBRE 1980.
nessuno di noi campani potrà mai dimenticare...come non dovremmo mai dimenticare I NOMI di chi speculò sui fondi del terremoto, su chi si è arricchito, a scapito di altri che sono rimasti per anni nei baracche e sopratutto di chi fece accrescere con quei fiumi di soldi, mai controllati veramente, la camorra che, dopo il terremoto assunse caratteristiche, pose e connivenze con la politica locale e non, che purtroppo oggi sono la nostra quotidianità.
RispondiEliminaVent'anni e passa nelle baracche, lì a Conza della Campania, il paese di mio padre. E così a Calitri, Sant'Angelo dei Lombardi, Teora, Lioni, tutti i paesi della zona. No, hai ragione, noi campani non dovremmo dimenticare. E non solo per chi morì. Ma l'Italia intera dimentica cosa è successo ieri, figuriamoci i nomi di chi fu autore dei ladrocini. Chi si è ingrassato a destra e a sinistra. Per non parlare del centro. Le alleanze nate,gli sviluppi tentacolari della camorra allargatasi a macchia d'olio. Tutto lo schifo da cui siamo circondati oggi. Nonostante questo però, io volevo ricordare la gente, le persone, gli amici, i miei cari che rimasero lì, tra i campi di papaveri.
EliminaAnche i miei ricordi d'infanzia hanno l'inconfondibile forma dei papaveri col loro vivacissimo colore.
RispondiEliminaC'era la campagna dove abitavo io, così potevo scorrazzare nei campi "a caccia" di gechi e di farfalle.
Toccante, cara Mariella, questa tua rievocazione, per la quale ti faccio i miei più vivi complimenti.
Un abbraccio.
Sono i miei fiori di campagna preferiti. Li associo a quel mare rosso che ricordo nei campi di grano della mia infanzia.
EliminaNoi di giorno cercavamo lucertole e la sera imprigionavamo lucciole.
Ora come allora, la curiosità di conoscere il mondo.
Da adulti ci restano i ricordi. Belli e amari.
Grazie Nigel, un abbraccio a te.
Bel post, bel ricordo, dolcissimo, che la tragedia ha cristallizzato ma non rovinato.
RispondiEliminaMoz-
Miki non sono mai più riuscita a scioglierli, quei cristalli.
EliminaGrazie fanciullo dentro.
Tutta l'anima del ricordo immersa in questo tripudio di papaveri rossi immagine di vita spensieratezza grida giocose.
RispondiEliminaPoi tutto sembra essere mutato spazzato via dall'incuria, l'inerzia umana, che spesso cancella i quadri più intimi della nostra vita, ma non della nostra memoria.
Quella resta per fortuna intatta, inalterata, non contaminata da nessuna speculazione umana.
Toccante , scritta con l'anima come sai fare tu Mariellina mia.
Un bacio freddoloso!
C'era una stazione e tanti treni che passavano. C'erano bambini che giocavano lungo la ferrovia. C'erano anziani che rincorrevano punti nei campi di bocce su, in cima al giardino. Vita antica e moderna. Si condivideva tutto, presente e ricordi. Racconti di guerra e di pace. Emigranti che ritornavano solo d'estate. La fatica fatta di risparmi investiti in case che prendevano forma negli anni. E poi una sera un boato e un rumore fortissimo, disturbante. Quasi un minuto di puro orrore. Poi un silenzio eterno. A quel silenzio ho voluto contrapporre la gioia e il colore dei papaveri. Per ricordare le feste e la vita. Nulla è tornato come prima. Nessuna ricostruzione. A valle, città diverse senza anima.
EliminaMeno male che l'anima la mettono ancora le persone che non vogliono dimenticare. Un abbraccio forte a te amica mia.
Un post toccante, agrodolce... grazie di aver condiviso con noi questo ricordo.
RispondiEliminaHai il potere di creare dei quadri con le tue parole; riesco a vedere il dolore e la forza, la voglia di togliere la polvere su questo evento così doloroso... Certi ricordi non dovrebbero essere messi da parte, dovrebbero tornare a fiorire proprio come quei papaveri, ogni anno, per far sì che certe tragedie non si ripetano, per prevenire e non curare e poi dimenticare...
Sei sempre meravigliosa, dolce Mari.
Un abbraccio forte.
Certe tragedie dovrebbero essere esempi, in modo tale che gli errori non vengano rifatti.
EliminaE invece siamo sempre alle solite. L'origine del malaffare in eventi catastrofici partì proprio dal terremoto dell'Irpinia. Qui mangiarono tutti o quasi e si combinarono alleanze che si sono ampliate nel tempo. Aquila non è altro che una figlia dell'Irpinia.
Tra le tante.
Un abbraccio a te e grazie!
con un sostanzioso lascito si son sistemati anche nell'aldilà, mentre che invece a noi, a furia de biastemà, ce toccherà sprofonnà nel più profondo inferno, l'importante è la felicità del nostro amato generoso immaginifico bobbolo quando ogni 5 anni corre a rinnovare la fiducia ai suoi degni caporioni
RispondiEliminaLoro si sono sistemati di sicuro, certo non si lamentano.
EliminaNoi invece, continuiamo nel lamentarci e nell'accollarci sul groppone sempre la stessa gente IMMONDA.
non lo posso dimenticare io quel terremoto che campano non sono figurati te che sei sannita ed eri a pochi km dall'epicentro!
RispondiEliminaSi sentì forte e chiaro pure a Benevento. Ci furono danni e molti sfollati. Costruirono una cittadella di prefabbricati attorno ad uno dei fiumi della città. Sono rimasti vent'anni.
EliminaIo ricordo che la mia vicina di pianerottolo ai tempi, ospitò per moltissimo tempi i suoi parenti -__- e non aggiungo altro.
RispondiEliminaUn abbraccio forte, Mariella.
L'accoglienza e la solidarietà venne allora (come oggi) dalla gente comune. I soccorsi dello stato arrivarono con oltre 48 ore di ritardo. E si scavava a mani nude. Mio nonno (che si salvò) rimase tre giorni sotto le macerie fino a quando i suoi due figli (mio padre e mio zio) non lo tirarono fuori.
EliminaUn abbraccio forte a te.
Niente può sollevare l'animo da quella tragedia. Tuttavia, come osservi, il ricordo ci permette di mantenere vivo chi non è più tra noi. E l'immagine che hai scelto, quello splendido campo fiorito, ne è degno contorno.
RispondiEliminaUn abbraccio.
E' un ricordo preciso e netto, il campo di papaveri. Lo associo alla bellezza della mia infanzia e agli amici (poco più che bambini) che non sono più tornati dall'ultima spedizione.
EliminaUn abbraccio a te.
Non è vero che i ricordi dell'infanzia incomincino ad emergere quando i capelli si fanno radi e bianchi. Non è vero che i luoghi dell'infanzia col tempo diventino tanti paradisi terrestri. Questi sono due luoghi comuni usati ed abusati. A me l'infanzia è rimasta dentro e la coltivo ogni giorno come una piantina fresca profumata e vivace, ma io sono voluto rimanere bambino nel cuore e ci sono riuscito senza alcuna fatica.
RispondiEliminaHo letto qua e là tra i tuoi commenti: chi va sul sociale, chi sul lirico, chi sul politico, chi addirittura mentalmente cucina sughi in agrodolce, ma tutti si commuovono al ricordo, soprattutto dei tuoi papaveri, questo fiore bellissimo, che si raccoglie sempre in grandi gruppi, facci caso, che sembrano gocce di sangue di un grande angelo ferito che passava lì sopra.
Ma infatti. Pensa che della mia infanzia, ricordo tutto. Persino delle conversazioni. E magari oggi, non ricordo con precisione cosa ho fatto ieri. Certo non sono tutti momenti idilliaci. Anzi molti non lo sono per nulla. Ricordo le preoccupazioni, gli spaventi, i momenti d'incertezza. Chiaro che, i momenti belli abbiano colori più vividi. E il rosso dei papaveri, oltre ad essere un ricordo reale (d'estate in campagna dai miei nonni era un fiorire continuo) sono proprio il simbolo necessario, secondo me, a ricordare tutti quelli che restano lì, ad accarezzare il ricordo.
Elimina"Gocce di sangue di un grande angelo ferito" bellissima immagine.
Ti abbraccio.
Hai disegnato una stupenda immagine di un periodo fatto di gioie e dolori che ognuno di noi conserva nel cassetto dei ricordi legati agli anni non dimenticati della nostra gioventù.
RispondiEliminaFelice settimana
Un abbraccio
enrico
Grazie Enrico. Hai colto nel segno: è stato un periodo bellissimo della mia vita. Lo ricordo spesso nel blog, narrando episodi e situazioni. Mi è stato strappato via senza che potessi fare nulla per oppormi.
EliminaUn abbraccio forte a te.
E la corsa del treno è quel filo...che unisce tutto.
RispondiEliminaLa corsa e il fischio del treno mi riconducono all'infinito. Ciao Gioia bella.
EliminaPreziosa testimonianza.
RispondiEliminaNon dimentichiamo.
Ti abbraccio mari
Questo è il blog della rimembranza.
EliminaTi abbraccio anche io.
Papaveri rossi che vegliano su cristalli che ancora oggi lasciano una traccia che porta il dolore della tragedia. Questo tuo ricordo mi ha riempito di lacrime gli occhi.
RispondiEliminaTessa
Ciao Tessa, benvenuta. Ti assicuro non era mia intenzione procurarvi dolore ma solo memoria. Come i cristalli a memoria della tragedia. Grazie e torna a trovarmi.
EliminaMari no scusa non ti eri girata e non ero certa.
RispondiEliminaPoesia scritta da te.
Complimenti.
Bellissima davvero.
Girata sta per firmata Ahahaha
EliminaEcco perché non sarò mai una poetessa 😉
E se non lo chiedevi non mi accorgevo che non l'avevo firmata :-)
Eliminacerte cose non si dimenticano e dobbiamo portarle avanti
RispondiEliminaCi si prova Ernest. Ma com'è faticoso...
EliminaMamma mia, Mariellina! Che turbinìo di emozioni nel leggere questo post! Brava, bravissima, meravigliosa!
RispondiEliminaGrazie Silvana. Avrei voluto sentire altri grazie che in quella occasione come in altre non sono mai (e giustamente) arrivati! Un bacio.
EliminaAggiungo: non detti a me, ma dalle persone che avevano bisogno di tutto in quei frangenti e si sono ritrovate sole...
Eliminaio ero piccola, ma ho sentito testimonianze scioccanti in merito, e non erano nemmeno del posto - pensa te io vivo al nord della campania ad un passo dal lazio ed eccome se si è sentito-.
RispondiEliminaposso solo tentare di immaginare il trauma della perdita,il terrore di una natura che esplode.
Quindi sei campana come me, non lo avevo capito. Anche io a nord ma dall'altra parte. L'orrore di quei racconti uditi dalle bocche dei sopravvissuti, mi accompagnerà per sempre.
EliminaUn abbraccio grande.
"L'acqua è trasparente come la ricerca fatta con la bellezza nel cuore"...
RispondiEliminaAcquaMari -na.
Ecco che tutto torna.
E a tutto c'è una spiegazione.
EliminaHai capito da dove arriva il mio nickname.
Nello specifico però mi riferivo all'Ofanto, il mio fiume di bambina.
Bacio Annamaria.