Lo vedi come sono
storto, contratto? Lo vedi questo piede, quando mi siedo, come lo metto?
È tutto per lo sforzo, in tanti anni,
di non urtare le persone. Stretto
contro un sedile, dentro l’autobus pieno, stare a posto, evitare
coi miei vicini
persino il minimo contatto.
Sulle panchine delle sale d’aspetto
o in treno, in corridoio, era una pena ogni momento sentire sfiorarsi il buio del mio ginocchio e del loro.
Ore e ore, giornate intere:
uno di fianco all’altro
stavamo, come i gusti del gelato nel bar della stazione.
Di vero tra noi, di giusto, lo spazio di due dita
era rimasto.
(da Tutti, 1998)
Note biografiche e riflessioni
Umberto Fiori è nato a Sarzana nel 1949 e vive a Milano. È scrittore, poeta, musicista e docente presso l'Università degli studi di Milano. Leggendo alcune delle sue poesie sono stata catturata dalla quantità di simboli e figure di posti indistinti che la percorrono tutta. I luoghi urbani, come i palazzi, i capannoni, i viali, la colmano allo stesso modo in cui ne siamo colmi noi, di questa vita moderna e anonima. Questa opacità è la sua denuncia. Questo tempo e i luoghi, la nostra gabbia. La vita vera, dov'è? Dove si è nascosta o che cosa ne resta, tra un sedile di autobus e una panchina? Davvero lo spazio si è ridotto alle "due dita" della poesia odierna? Davvero passiamo le nostre giornate contratti e senza desiderare di sfiorare gli altri?