Bambina mia.
Per te avrei dato tutti i giardini
del mio regno, se fossi stata regina,
fino all’ultima rosa, fino all’ultima piuma.
Tutto il regno per te.
Ti lascio invece baracche e spine,
polveri pesanti su tutto lo scenario
battiti molto forti
palpebre cucite tutto intorno. Ira
nelle periferie della specie e al centro. Ira.
Ma tu non credere a chi dipinge l’umano
come una bestia zoppa e questo mondo
come una palla alla fine.
Non credere a chi tinge tutto di buio pesto e
di sangue. Lo fa perché è facile farlo.
Noi siamo solo confusi, credi.
Ma sentiamo. Sentiamo ancora.
Siamo ancora capaci di amare qualcosa.
Ancora proviamo pietà.
Tocca a te, ora,
a te tocca la lavatura di queste croste
delle cortecce vive.
C’è splendore in ogni cosa. Io l’ho visto.
Io ora lo vedo di più.
C’è splendore. Non avere paura.
Ciao faccia bella,
gioia più grande.
Il tuo destino è l’amore.
Sempre. Nient’altro.
Nient’altro nient’altro.
(Quando non morivo - Collana Bianca - Einaudi Editore - 2019)
Note biografiche e riflessioni
La poetessa romagnola di cui ho già parlato recentemente, nella poesia di oggi rivolge il suo pensiero ai bambini. A cui toccherà un percorso difficile causato da quegli adulti da cui ereditano un mondo confuso, tra povertà e guerre. Tra disastri climatici e civiltà allo stremo. Nonostante tutto li sprona a non arrendersi, a lavare le croste e le ferite e a cogliere tutto lo splendore che c'è sotto. A non avere paura, ad andare avanti cercano l'amore. Soprattutto l'amore. E mi chiedo, noi adulti saremo in grado di fare altrettanto?