29 maggio 2019

CHI HA PAURA NON FACCIA POLITICA



"Se hanno paura di qualcosa, qualunque cosa, allora che non facciano politica. La paura è tutta per noi, quelli che stanno sotto. Loro, se sono arrivati dove stanno, è perché non conoscono la paura."



Sto leggendo l'ultimo romanzo di Claudia Pineiro, Le Maledizioni, ambientato in Argentina, dove è nata la nota scrittrice, di cui ho letto quasi tutto. Il  suo libro, molto bello e avvincente e magari ve ne parlerò prossimamente in maniera più approfondita, è una critica feroce alla politica contemporanea, veloce e ritmata dai social e dai tweet, ormai simile ad ogni latitudine. Immagini perfette che nascondono opportunismo, mancanza di regole e ideali, corruzione e criminalità  oltre ad ambizioni sfrenate.

La frase in apertura di post mi ha colpito particolarmente. Ritengo che comprenda una verità di fondo dalla quale non è possibile affrancarsi.

E mi domando: noi che abbiamo paura (e direi una coscienza non ancora assopita) siamo condannati  senza riscossa?




26 maggio 2019

IERI, OGGI, DOMANI.





Ieri mattina sono uscita presto.
Ho attraversato la strada sotto casa mia, raggiunto la macchina e sono partita.
La meta era il centro di Monza, distante solo una manciata di chilometri. Ho comprato dei fiori, come l'ortensia che vi mostro in foto, preso un caffè nel mio bar preferito, acquistato delle riviste  e "annusato" aria nuova.
È una bella città, vitale, sorridente, di cui mi innamorai oltre 20 anni fa, decidendo di andarci a vivere.
Mi piacevano i sorrisi delle persone, la simpatia di cui ti circondavano, la briosità e la curiosità che sprigionavano.
Tutto ciò mi attirava e seduceva.
È anche una città elegante, artistica.  Il suo Duomo una meraviglia, la regina Teodolinda il suo mito e il suo tesoro.Mi somiglia, è un vestito perfetto addosso a me. Ho scattato di lei, migliaia di foto, con il bel tempo e quello cattivo.Ho passeggiato consumando scarpe e stivali, perdendomi tra le stradine e le rose del suo incantevole roseto, uno dei più belli d'Italia, accanto alla Villa Reale, spettacolare esempio di arte e cultura.Mi sono seduta sulle panchine accanto al fiume Lambro, oltre il Ponte dei Leoni, a riflettere di vita e di sogni.

Ho recuperato respiri, abbracciato vento e spazi, ho sospinto silenzi.Mi sono fermata per tutto il tempo che ritenevo necessario, durante questi ultimi giorni, per ritrovare le parole perdute.

Alcuni si sono accorti del mio sparire e sono accorsi ad abbracciarmi forte, privatamente, come piace a me.
Altri, che non potevano raggiungermi in alcun modo oltre che qui, mi hanno scritto con tenerezza e riguardo.
Altri ancora mi hanno ignorato. Forse, distratti come sono,  avevano bisogno di quei post in cui, alcuni, raccontano le loro personali difficoltà e disastri. O quelli di breve saluto, in cui ci si accomiata velocemente, con un "tornerò forse" scritto tra le righe. 
Ma io sono feroce. Non prego, non piango, non mi lamento. Aspetto che l'onda passi e poi torno, a dare ancora fastidio ad alcuni e affetto a molti altri. Senza avvisi o cartelli. 
Perché la vita fa lo stesso. Ed io ho imparato da lei, aggrappata a quella forza che mi sospinge oltre il buio, tutte le volte che mi sono trovata ad affrontarlo. 
Non vi racconterò quando e come, non mi dilungherò. Il gossip non mi appartiene, lo lascio ad altre vetrine e a Verissimo.
Sappiate che ci sono e ci sarò, perché non ho mai mollato, non è nella mia indole. Sono una guerriera e non smetto mai di combattere.

Ieri, oggi e domani.






18 maggio 2019

SABATO DI POESIA: IN UN MOMENTO








In un momento
Sono sfiorite le rose
I petali caduti
Perché io non potevo dimenticare le rose
Le cercavamo insieme
Abbiamo trovato delle rose
Erano le sue rose erano le mie rose
Questo viaggio chiamavamo amore
Col nostro sangue e colle nostre lagrime facevamo le rose
Che brillavano un momento al sole del mattino
Le abbiamo sfiorite sotto il sole tra i rovi
Le rose che non erano le nostre rose
Le mie rose le sue rose

P. S. E così dimenticammo le rose.

(taccuini - abbozzi e carte varie - Dino Campana 1917)

15 maggio 2019

'O SURDATO 'NNAMMURATO



Staje luntana da stu core,
a te volo cu 'o penziero:
niente voglio e niente spero
ca tenerte sempe a fianco a me!
Si' sicura 'e chist'ammore
comm'i' so' sicuro 'e te...

Oje vita, oje vita mia...
oje core 'e chistu core...
si' stata 'o primmo ammore...
e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!

Quanta notte nun te veco,
nun te sento 'int'a sti bbracce,
nun te vaso chesta faccia,
nun t'astregno forte 'mbraccio a me?!
Ma, scetánnome 'a sti suonne,
mme faje chiagnere pe' te...

Oje vita, oje vita mia...
oje core 'e chistu core...
si' stata 'o primmo ammore...
e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!

Scrive sempe e sta' cuntenta:
io nun penzo che a te sola...
Nu penziero mme cunzola,
ca tu pienze sulamente a me...
'A cchiù bella 'e tutt''e bbelle,
nun è maje cchiù bella 'e te!

Oje vita, oje vita mia...
oje core 'e chistu core...
si' stata 'o primmo ammore...
e 'o primmo e ll'ùrdemo sarraje pe' me!



Sai, io mi ricordo tutto.
Mi ricordo i tuoi passi allegri e lo sguardo attento sulla porta della camera di nonna. Mi ricordo la chitarra che portavi come regalo, ogni volta nella speranza che le labbra di tua mamma si aprissero in un sorriso di rimembranza.
E mi ricordo di prima. Delle sere passate a cantare a squarciagola tutti insieme, figli, nonni e nipoti.
Quanto dell'amore che ho per la musica devo a te.
Mi ricordo le scampagnate, perché allora si chiamavano così. La pasta al forno e le cotolette per i bambini, le foto tra i prati, tutti insieme noi, la famiglia allargata. I pranzi di Natale quando per i bambini si apparecchiava accanto al tavolo dei grandi e a turno,venivate a sgridarci se non mangiavano o non eravamo seduti composti. E il mare di Torvajanica, quando d'estate venivamo a trovarvi.
Mi ricordo le discussioni con papà, voi che facevate lo stesso lavoro anche se tu rimanevi in stazione e lui viaggiava, punti di vista non sempre uguali, ma eravate amici.
Mi ricordo il tuo amore per mia mamma, che è stato sempre fortissimo. Avete condiviso tante cose, belle come la famiglia a cui appartenevate, brutte come le malattie che vi hanno accompagnato per così tanto tempo.
Mi ricordo quando mi vedevi e mi abbracciavi forte, chiamandomi "Mariè". Ed io ridevo. Ho sempre riso con te.  Ho sempre cantato con te. Avevi quel modo leggero e disincantato di vivere nonostante le traversie e dolori. La vita non ti ha risparmiato nulla, non lo fa con nessuno, è vero. Negli ultimi tempi eri stanco. Mamma mi raccontava il tuo allontanarti quasi a volere salutare piano piano, cercando di fare meno rumore possibile.
Invece io stasera voglio farne di rumore, ho messo su la canzone che più mi ricorda il tuo cuore.
E la canterò a squarciagola come facevo da bambina. Solo che farò fatica a sorridere. 
Perdonami per questo.
Ciao zio Benedetto. Chissà che belle "cantate" ti farai ora, lassù.