30 dicembre 2023

[SABATO DI POESIA] Abbi cura di Andrew Faber

dal web
Abbi cura dell’incanto che sei

della gentilezza in cui credi.
Della tua dolcezza fuori controllo.
Della pace che coltivi in ogni abbraccio.
Mentre là fuori, è guerra.

Abbi cura di te.
Della tua inquietudine.
C’è chi la chiama ansia.
C’è chi lo chiama panico.
Sappi che non è un mostro
e che se è venuto a cercarti
è perché ti sei persa.
Perché hai smesso di ascoltarti.

Abbi cura di chi ti ha reso Poesia.
Di quel dolore che hai saputo affrontare.
Di quell’Amore che hai lasciato andare.
Di tutte le volte che hai fatto un passo indietro
e per gli altri, hai chiesto scusa.
Di tutto ciò che non ti fa assomigliare a niente.
Di tutto ciò che ti fa sentire viva.
Sbagliata, unica e diversa.
Abbine cura.
Oggi piú che mai
questo mondo ha bisogno
di meraviglie come te.


Note biografiche e riflessioni


Andrew Faber, pseudonimo di Andrea Zorretta (Roma22 luglio 1978), è uno scrittore e poeta italiano. Sul suo sito dice di lui: amo i gatti e la poesia, le fusa e l'inchiostro. Leggendo alcune delle sue rime ho incontrato genio, ironia, poesia. Vi consiglio di conoscerlo, non ve ne pentirete. E con la poesia di oggi, vi auguro ogni bene e un anno nuovo colmo del "prendersi cura" di noi e di chi amiamo. 

Buon 2024, a rileggerci presto.

23 dicembre 2023

[SABATO DI POESIA] Buon Natale di Alda Merini



A Natale non si fanno cattivi
pensieri ma chi è solo
lo vorrebbe saltare
questo giorno.
A tutti loro auguro di
vivere un Natale
in compagnia.

Un pensiero lo rivolgo a
tutti quelli che soffrono
per una malattia.
A coloro auguro un
Natale di speranza e di letizia.
Ma quelli che in questo giorno
hanno un posto privilegiato
nel mio cuore
sono i piccoli mocciosi
che vedono il Natale
attraverso le confezioni dei regali.

Agli adulti auguro di esaudire
tutte le loro aspettative.
Per i bambini poveri
che non vivono nel paese dei balocchi
auguro che il Natale
porti una famiglia che li adotti
per farli uscire dalla loro condizione
fatta di miseria e disperazione.

A tutti voi
auguro un Natale con pochi regali
ma con tutti gli ideali realizzati.


Con le parole di Alda Merini auguro a tutti voi un Natale di piccole cose. Sorrisi e carezze, attenzioni e respiri. Calore autentico e famiglia. Di staccare dai social, web e internet. Di riflessione e di emozione. Di rispetto e amore. Che sia un Natale reale, puro e sincero. Vi abbraccio tutti.

16 dicembre 2023

[SABATO DI POESIA] Qui sono le parole che contano di Dino Azzalin





Qui sono le parole che contano,

vanno, vengono, scendono, salgono,

poche volte si fermano al posto giusto.

D'inverno si attorcigliano sulla lingua

come sciarpe, d'autunno sono come fiamme

nel camino. Le cerco, le bacio, le rompo,

sillabe, vocali, amanti, fratelli.

una storia, un dolore, mutano perché una parola 

è stata cambiata di posto o perché un'altra

si è accovacciata come un bimbo dentro

un verso o una frase, dove non era attesa.

quella parola è rimasta ubbidiente a dare un senso

all'istante, al giorno, o alla sola voce,

poi è scappata, come un gioco.

la poesia è mia sorella, mia semina

d'aprile, mia speranza stropicciata

mia eterna fedeltà, e i miei frutti d'estate sono qui

sulla tua bocca, dentro le parole che dirai.

( Dino Azzalin  - "Qui sono le parole che contano" 1979 Crocetti Editore)

Note biografiche e riflessioni

Dino Azzalin è nato a Pontelongo (PD) nel 1953. È medico, poeta, scrittore, editore. Ha pubblicato con l’editore Crocetti di Milano quattro raccolte di poesia: I disordini del ritmo (1985), prefazione di Cesare Viviani; Deserti (1994), prefazione di Mario Santagostini; Prove di memoria (2006), prefazione di Andrea Zanzotto, finalista al Premio Dessì (2°) e vincitore al Giustino de Jacobis (2007). Ho trovato strepitosa questa poesia e vorrei dedicarla al mio blog, lì dove le parole sono preziose e  avvolgono sempre, con cura, attenzione, curiosità, ironia e  spero, intelligenza. Un abbraccio a tutti e buon sabato.

13 dicembre 2023

[CULTURA E TRADIZIONE] Latteria e Michetta

Bar  latteria San Marco Milano 


Ho un ricordo indelebile della latteria sotto casa dei miei zii, non molto lontano dalla Stazione Centrale di Milano. Ricordo il profumo del pane e quello del cibo. Come sempre gli odori ti trasportano indietro nel tempo, lasciando addosso la malinconia decisa dei bei tempi andati.

Ma che cos'era la latteria milanese? Un locale tipico degli anni '70 dove era tradizione fermarti a bere un caffè, comprare pane e latte o mangiare dei piatti cucinati come a casa tua. Una cucina semplice, genuina, cara ai milanesi e anche agli avventori di fortuna, che magari capitavano in zona e volevano mangiare qualcosa di buono senza spendere troppo. Luoghi retrò, spesso con insegne consumate dal tempo, tavoli e sedie mai uguali e imperfetti, banconi dai colori sgargianti.  E proprietari discreti, magari un po' bruschi ma capaci di sorrisi e gesti carichi di generosità. Si perché tutti potevano sfamarsi a loro interno e nessuno veniva cacciato in malo modo, come a volte avviene ora, tra le luci sfavillanti dei locali trendy che hanno cambiato il volto di Milano. Talvolta non in meglio.

Ogni giorno  si andava a comprare il latte e la Michetta. Il tesoro dorato dei panettieri milanesi. La punta di diamante sfornata ALL'ALBA che tutti gli operai e impiegati compravano, riempita  con affettati o formaggi. Era il pranzo della pausa e talvolta anche la cena. Un pane meraviglioso, friabile, dal profumo inconfondibile. La si inzuppava anche nel latte, senza timore, aprendo stomaco e cuore.



il cuore dei milanesi, batteva forte, allora. In quei locali intimi, spesso frequenti nei quartieri di periferia, Più rari e  nascosti nelle zone centrali. Locati amati e pure adesso ricercati, ora che sono sempre di meno e gli ultimi rimasti difendono con lunghe e denti il loro patrimonio culturale e la Michetta. Il pane della condivisione e del rispetto. Egualitario, in tempi di differenze feroci e di distanze.

Se capitate a Milano cercatele, sapranno accogliervi e prendersi cura di voi, come una volta. E se sarete così fortunati di trovare quel panino magico, mangiatelo come faccio io, partendo dalla corona centrale e spezzettandolo un poco alla volta, perché vorrei durasse per sempre,  assieme ai miei ricordi.



06 dicembre 2023

Immenso come il mare



Foto privata - vietata la riproduzione

La soffice impronta che lascio sulla battigia so che scomparirà in breve tempo. Succederà quando il mare, con una nuova onda, cancellerà ogni segno del mio passaggio. Un evento naturale a cui siamo abituati, l'ineluttabilità della natura, la sua vita. C'è una spiegazione, ci saranno altre impronte, altre onde, in un rincorrersi infinito. 

A poca distanza, tra quelle stesse onde, c'è una famiglia che gioca. Un papà che rincorre le sue due figlie, nuotano, si tuffano, ridono. Una luce calda li avvolge, è il primo pomeriggio di un'estate che sembra non finire mai. La costa toscana si butta a capofitto nel blu, sembra voglia abbracciare tutto, il mare e le persone. È uno dei ricordi più nitidi che ho.

Io me lo ricordo quando vidi quel papà per la prima volta. Aveva 15 anni, era già un gigante buono e sorridente. Un po' dinnoccolato, per nulla timido, carico di energia e positività. Una vera forza della natura, capace di trascinarti ovunque lui volesse, avrebbe convinto perfino le pietre a seguirlo lì dove decideva. Quella energia che lo rendeva unico e immenso, come quel mare che amava perdutamente. So riconoscere chi ama il mare come me, lo intravedo tra le ciglia, nei battiti del cuore, nello slancio all'accoglienza e alla fratellanza.  Non è mai mancata, negli ultimi trent'anni in cui siamo stati vicini. Mi ha fatto da autista il giorno in cui mi sono sposata, a poco più di vent'anni. Poi avevamo fatto un patto, il giorno in cui ha sposato una delle persone che amo di più al mondo, mia sorella. L'avrebbe amata e protetta,  si sarebbe preso cura di lei per sempre. "Altrimenti te la vedrai con me" gli dissi all'orecchio, il giorno del matrimonio. Quella promessa l'ha mantenuta, anche quando la vita lo ha messo di fronte a delle prove che mai dovrebbero accadere. Come tutti è caduto, si è risollevato, è andato avanti. Ha creato, assieme a lei, una famiglia generosa e unica. Amata moltissimo, sostenuta e protetta. La  mia gioia era vederli organizzare la loro quotidianità  di cui mi sono sempre sentita parte integrante.  In ogni momento presente, un guerriero in uniforme.  

Poi è calata la nebbia e in un mattino di dicembre che non ti aspetti,  se ne è andato via senza salutare.  Il mondo si è fermato, incredulo e triste. Gli orologi hanno smesso il ticchettìo, i cuori hanno sospeso i battiti. Le lacrime scorrono mute e inarrestabili, da giorni. 

Proviamo a dare delle risposte, perché gli eventi, anche quelli più dolorosi e difficili, hanno una spiegazione. Quasi tutti, questo no, non ce l'ha.  Forse la rabbia col tempo lascerà il posto alla rassegnazione, e il dolore diventerà malinconia. Forse. E torneremo a camminare sulla battigia, tenendoci per mano, ricordando le estati, i  Natali, i compleanni, le risate e gli abbracci. Ma la tua impronta, amico, fratello, cognato mio,  non scomparirà.

Nuota bene lassù, nel mare perfetto del paradiso. Ti voglio bene, ciao Carlo Francesco.

 

È passato un anno intero da quel giorno e tu sei  presente nei nostri cuori. Oggi, domani, per sempre. Questo non cambierà mai. Stavolta te lo prometto io.

02 dicembre 2023

[SABATO DI POESIA] La neve che mai si accumula di Emily Dickinson


Emily Dickinson - dal web



La Neve che mai si accumula -
la transitoria, fragrante neve
che arriva una sola volta l'anno
morbida s'impone ora -
tanto pervade l'albero
di notte sotto la stella
che certo sia il passo di febbraio
l'esperienza giurerebbe -
invernale come un volto
che austero e antico conoscemmo
riparato in tutto tranne la solitudine
dall'alibi della natura -
fosse ogni tempesta così dolce
valore non avrebbe -
noi compriamo per contrasto - la pena è buona
quanto più vicina alla memoria.



Note biografiche e riflessioni


La grande poetessa statunitense scrisse questa ode nell'inverno del 1868. Tra le righe la meraviglia, l'incanto di una stagione che arriva portando con se un'immagine fresca e delicata di quel mondo che sa d'antico, il mondo che ci regala la neve. Anche adesso, negli anni 2.0, accogliamo con gioia il candido cadere di quei fiocchi che ogni volta riescono a far sussultare il nostro cuore e a farci tornare bimbi. La neve era una compagna molto gradita ad Emily, lei si sentiva protetta e confortata in quel silenzio che comunque, le provocava tante emozioni. Quella purezza che ci racconta ce la rende cara ogni volta che un suo scritto torna ad accarezzarci con le sue parole. Buon dicembre a tutti voi.