30 gennaio 2015

Specchio.



Sono esatto e d’argento, privo di preconcetti.
qualunque cosa io veda subito l’inghiottisco
tale e quale senza ombre di amore o disgusto.
Io non sono crudele, ma soltanto veritiero –
quadrangolare occhio di un piccolo iddio.
Il più del tempo rifletto
sulla parete di fronte.
E’ rosa, macchiettata. Ormai da tanto tempo la guardo che la sento
un pezzo del mio cuore. Ma lei c’è e non c’è.
Visi e oscurità continuamente si separano.
Adesso io sono un lago. Su me si china una donna
cercando in me di scoprire quella che lei è realmente.
Poi a quelle bugiarde si volta: alle candele o alla luna.
Io vedo la sua schiena e la rifletto fedelmente.
Me ne ripaga con lacrime e un agitare di mani.
Sono importante per lei. Anche lei viene e va.
Ogni mattina il suo viso si alterna all’oscurità.
In me lei ha annegato una ragazza, da me gli sorge incontro
giorno dopo giorno una vecchia, pesce mostruoso.
(Sylvia Plath)
Ecco oggi va così.

28 gennaio 2015

#IOSTOCONERRI





Copertina del libro






"MOLTE PERSONE HANNO SOTTOSCRITTO #IOSTOCONERRI, ED IO CON CHI STO?
STO CON TUTTI LORO E CON LA VAL DI SUSA. IL PROCESSO CONTRO DI ME E' APPENDICE  DI INNUMEREVOLI PROCESSI AL POPOLO DELLA VALLATA.
SUL BANCO DEGLI IMPUTATI  MI PIAZZANO DA SOLO, MA SOLO LI' POTRANNO.
NELL'AULA E FUORI, ISOLATA E' L'ACCUSA.

ERRI DEL LUCA - LA PAROLA CONTRARIA 


IOSTOCONERRI


Rinvio a giudizio: 28 gennaio 2015

27 gennaio 2015

I Vagoni di nuovo.



La paura, l'angoscia, l'orribile terrore che grava su di me, che strettamente mi serra.
... I vagoni sono là di nuovo! Partiti ieri sera, e di ritorno.
Oggi, sono là, di nuovo, lungo la banchina; vedi
la loro gola spalancata? La gola spalancata nell'orrore!
Ne vogliono ancora! Ancora di nuovo. Niente li sazia!
Sono là, attendono gli Ebrei. Quando glieli portano?
Affamati, come se mai avessero ancora inghiottito i loro Ebrei...
Mai! ma sì! Essi ne vogliono ancora, sempre di più.
Ne vogliono ancora. Sono là, in attesa che si prepari il desco,
Che sia servito il pasto, che si ammanniscano Ebrei, tanti Ebrei quanto ne potranno
Entrate! Vecchio Popolo dai giovanissimi germogli, giovani e freschi,
Giovani grappoli su un vecchio corpo e vegliardi che sono come un vino forte e vecchio.
... E tuttavia erano ricolmi, ingozzati, stipati di Ebrei,
I morti in piedi, rinserrati, incuneati tra i vivi
I morti in piedi che nemmeno toccano terra a forza d'essere pigiati,
Senza che si possa distinguere nel groviglio chi è morto e chi è vivo.
La testa del morto, come una testa viva, oscilla di qua e di là,
E sui vivi gocciola il sudore della morte;
Il bambino supplica la madre morta che gli dia da bere, almeno una goccia d'acqua.
E le colpisce la testa coi piccoli pugni piangendo perché ha caldo.
... Vagoni vuoti! Eravate pieni ed eccovi vuoti di nuovo,
Dove mai vi siete sbarazzati dei vostri Ebrei? Che è mai loro accaduto?
Erano diecimila, contati, registrati e siete già di ritorno?
Oh, ditemi, vagoni, vagoni vuoti, dove siete stati?
Voi tornate dall'altro mondo; lo so, non deve essere lontano;
Ieri appena siete partiti, tutti carichi, e oggi siete là di nuovo!
Perché tanta fretta, vagoni? DIsponete dunque di così poco tempo?
Sarete presto vecchi, come me; presto logori e grigi.
Vedete tutto ciò, guardare sentire... Oh, sciagura!
Come potete sopportarlo, anche se fatti di legno e di ferro?
Tu, ferro, giacevi giù, nel profondo della terra, o ferro altero;
E tu, legno, crescevi, eretto e fiero, albero sulla terra!
E ora? Vagoni, siete vagoni per trasportare mercanzia e guardate;
Testimoni muti di tanto carico, di tanta angoscia, di tanta miseria.
Muti, sbarrati, voi avete visto, Oh, ditemi, vagoni, dove
portate questo Popolo, questi Ebrei trascinati alla morte?
Non è vostra la colpa; vi si carica e vi si dice: va!
Vi si manda pieni, vi si riporta vuoti.
Vagoni che tornate dall'altro mondo, parlate, dite una parola.
Fate parlare le vostre ruote, che io, che io pianga.

(Y. Katzenelson, Il canto del popolo ebreo massacrato)

Le altre volte in cui ho parlato della Shoah.

Binario 21

Se Questo è un Uomo

Fossoli


E non smetterò di farlo.

25 gennaio 2015

Lungo la strada ferrata.


In quella casa di campagna lungo la strada ferrata, ci passavamo gran parte delle nostre estati.
Lì tra le montagne e il fiume, alle pendici del paesino natio di mio padre.

Si arrivava a fine giugno. I genitori ci lasciavano al sicuro e respiravano un po'. Alla guida della truppa, i nonni. Anzi, nonna Maria.
Tempra forgiata nell'amianto. Una vera lottatrice.
Durante il giorno eravamo liberi, si scorrazzava in lungo e in largo tutti insieme. Femmine e maschi. I cugini. Figli di tutti i fratelli che si davano appuntamento ogni estate. A dire il vero non è che  noi femminucce fossimo amate alla follia dai cugini maschi. Eravamo le cuginette rompicoglioni. Sempre pronte a mettersi in mezzo e a disturbarli.  C'erano le simpatie e i contrasti. Io ero quella più difficile. Le sorelle e le cugine a turno, avevano in simpatia l'uno o l'altro dei fratelli. Io nessuno; soprattutto amavo rompere le scatole, per cui ero quella meno ben vista. Ne combinavo di ogni. Dispettosa, forse perché la più timida, cercavo di attirare l'attenzione nel modo meno opportuno.

Chiaro che volevamo fare tutto quello che facevano loro. Per cui, che si trattasse di spedizioni in campagna, di andare a pesca o semplicemente di farsi i fatti loro, avevano le"piattole" alle calcagna.
Nonna ogni tanto, doveva rimetterci a posto. Gli uni e le altre. E lo faceva col polso che aveva, senza sconti.

Tutte le settimane venivano i nostri genitori, mio padre o mio zio Agostino, a controllare la situazione.
Arrivavano in "servizio".
Li sentivamo perché la casa era poco distante dalla stazione e loro chiedevano al macchinista del treno di far "fischiare" la Littorina mentre si avvicinava.

La strada ferrata sull'Ofanto era una linea storica che ora, purtroppo, non esiste più. Ne ho già parlato, lo sapete che sono una malinconica.
Al loro arrivo, sia zio che papà, si facevano raccontare cosa avevamo combinato in quei giorni e se il livello di "brigantaggio" era stato eccessivo, scattavano le punizioni.
In linea di massima andava sempre bene. Meno quella volta che volli salire sull'albero di ciliegie della nonna e caddi.  Mi rovinai la vacanza. I nervi del braccio sinistro si accavallarono facendomi vedere le stelle e passò qualche giorno prima che la nonna si decidesse ad accompagnarmi da un "santone" del luogo che, senza tanto indugiare, con uno strappo veloce, me li rimise a posto.

Zio Agostino era quello più dolce con le nipoti. Forse perché avrebbe tanto desiderato avere una figlia femmina e la vita gli aveva donato ben tre figli maschi. 
Ero una delle sue preferite  ed io ricambiavo il suo affetto.

Una estate, nonna era disperata perché mangiavo poco. Ero una bimba esile, dal non grande appetito. Poi crescendo sono migliorata.
È lui s'inventò una gara tra me e mio cugino Davide. Ci mandò nell'orto della nonna a raccogliere dei pomodori. Lei coltivava i famosi pomodori insalatari, succosi lunghi e carichi di sole.
Al ritorno ci mise a sedere attorno al tavolo di legno della cucina. 
Prese un piatto e li tagliò ognuno in quattro pezzi e poi li condì con del sale. La gara fu uno spettacolo, li mangiammo tutti. A onor del vero non ricordo chi la vinse, penso mio cugino. Non è che io amassi in maniera particolare i pomodori, ma sicuro la competizione mi coinvolse.
Ricordo lo sguardo di zio: brillava. Era orgoglioso di essere riuscito a convincere la sua nipotina a mangiare qualcosa di sano e buono. Io da allora, li adoro i pomodori. E quando posso lì mangio così: caldi di sole e con un pizzico di sale.

Ed è esattamente così che voglio ricordarti: alto e fiero, con lo sguardo brillante e un sorriso appena accennato che il tempo e la vita non hanno mai spento. In compagnia dei tuoi cani adorati. Quelli che ti accompagnavano in ogni battuta di caccia, anche se io ogni volta ti auguravo buona caccia. Questa volta non lo farò. Divertiti.


Ciao zio.







23 gennaio 2015

I luoghi del cuore.


Voi lo sapete, sono un po' matta. Stamattina mi sono svegliata con il desiderio di mettere nero su bianco un'idea che avevo per la testa già da un po'. Vi ho già parlato dei luoghi in cui, vorrei andare almeno una volta nella vita. Con uno scopo preciso ahahah!
E anche voi mi avevate raccontato i vostri, qui.

Ma ci sono pure posti in cui siamo già stati; ed ogni volta tornandoci, ci rendiamo conto di amarli sempre di più.
Ci possono avere colpito per una miriade di fattori o uno solo.
E allora mi sono detta: io metto qui la lista di quelli che amo io, se voi volete potete fare lo stesso, da me o da voi.

1) Castel Del Monte - Puglia. 
The number one. La pietra bianca e l'infinito; la corona che appare dalla valle mentre sali da Andria. Il mare che lo lambisce quasi nell'angolo. La bellezza della luce che ci abbaglia al mattino riflettendosi sulla pietra e ci accarezza rossa alla sera,  mentre ci saluta.
E, la sensazione di me seduta, tra l'erba e i sassi, con il castello ottagonale alle spalle e una gioia serena nel cuore.

Foto privata Mariella S.


2) Bryant Park - NYC.
Il piccolo parco alle spalle della famosa "Public Library" mi era apparso davanti all'improvviso, mentre affrettavo il passo ed ero persa con lo sguardo perennemente all'aria. Mi sono bloccata col cuore in gola. Vedere quel quadrato circondato da alberi, sedie e minuscoli tavolini, dove i newyorkesi passano volentieri la pausa pranzo e le serate estive, mi ha incantato. Dopo cena passeggiarci o fermarsi è bellissimo. Vedere persone che chiacchierano, ridono, ascoltano musica, fanno yoga, tutti insieme "appassionatamente" nella città più caotica al mondo, mi ha reso felice. E per un momento lì si è fermato il cuore.  Ci ho pure pianto una sera, sdraiata sull'erba mentre vedevo per l'ennesima volta ET. Ogni volta è quasi come tornare a casa.

Foto privata Mariella S.


3) Kew Gardens - Londra.
Una meraviglia, di fiori, piante rare e perfezione. Una miriade di cespugli di azalee di tutti i colori del mondo. Le serre tropicali e le nifee. E un angolino dove gustare, perdendo tempo e cognizione, le più buone Pie del mondo!


Foto dal web


4) Rizzoli Store - NYC.
Su Rizzoli ho scritto tanto qui. Sapere che non potrò più  sentire lo scricchiolio del parquet di quel negozio antico sotto i miei passi, rinnova tristezza e malinconia. L'ho amato tanto e coltivo il ricordo. Dei libri, dei commessi che conoscevano la mia lingua  e non mi facevano sentire la solita italiana che all'estero, parla malissimo l'inglese. Ovvero ciò che sono. Grazie per tutti i sogni che ho fatto e per avere avuto la possibilità di entrarci, prima che un maledetto imprenditore lo buttasse giù.


Foto privata Mariella S.


5) Salento - Puglia.
Ma da dove si può cominciare per parlare del Salento? Adoro tutto, e forse non dovrei parlare della sua punta ma dell'intera Puglia. Anche se niente è più romantico di una cena a due, in un piccolo ristorante di Otranto affacciato sul mare.

Foto privata Mariella S.


6) Castel Dell'Ovo Borgo Marinari - Napoli.
La mia altra città. Il suo bellissimo castello sull'isola. Il più antico. Da ragazzini si andava alla ricerca del famoso "ovo" di Virgilio. Le casette e i ritrovi. Forse un po' troppo modaiolo, ora. Ma una volta, circa un milione di anni fa, era bellissimo passeggiarci la sera mentre i pescatori si chiudevano in casa e sentivi vicinissimo l'odore del mare.


Foto dal web




7) Via Veneto - Roma.
Ora è quasi deserta. Ci arrivi dal parcheggio sotto Villa Borghese e scendi. Fai tutto il viale, guardi i locali pieni di malinconia da "Dolce Vita" che non c'è più e vai giù, verso Piazza di Spagna. Eppure da bambina con negli occhi le luci dei film, adoravo quella passeggiata. E scrutavo ogni volto davanti a me nella speranza di riconoscere qualcuno. Una volta mi sfiorò La Adjani, era bellissima.


Foto dal web




8) Covent Garden - Londra.
La strada dei teatri e del Natale. Se ci vai respiri arte e passione. Cultura. Perché il teatro per gli inglesi è qualcosa di maledettamente serio. Non come da noi, dove è questione di elite e di boria (a volte) e nessuno dei nostri giovani ha voglia di spendere dei soldi e del tempo per capire quanto di importante gli artisti ci hanno donato con le loro opere. Meglio passarlo  tra aperitivi e locali notturni! E soprattutto meglio lobotomizzarsi.  Il quartiere è incantevole nel periodo di Natale. Tra canti natalizi di gruppi amatoriali ad ogni angolo e mercatini meravigliosi, si respira il tempo di Dickens. Ed io, ogni volta, torno bambina.

Foto privata Mariella S.


9) Verona.
Anche di Verona ho già parlato qui. Sono legatissima alla città veneta e al suo mondo. All'opera lirica e al suo teatro. Alla bellezza dei suoi monumenti e a Giulietta. Altro incanto artistico che grazie a Sheakespeare è giunto fino a noi.


Foto privata Mariella S.


10) Le Marais - Parigi.
A perenne memoria dell'unico luogo della città che amo, c'è la foto sul mio blog. Un quartiere che mi piace, mi diverte e mi incuriosisce. Sempre in movimento, sempre vivo e brillante. Riesco a immaginare, seduta in un angolo di place de Voges, i parigini più simpatici di quanto siano nella realtà!




Foto privata Mariella S.




Aspetto i vostri...







18 gennaio 2015

POP-HOOLISTA




POP-HOOLISTA



“L’italiano è così individualista che sta diventando come un attaccante del calcio balilla che non ha mai visto in faccia i suoi compagni di squadra
Ma in fondo per noi l’importante è precipitare
L’italiano batte le mani quando il suo aereo atterra
Ma non batte ciglio quando il Paese affonda
L’italiano fa casino durante il minuto di silenzio
E poi sta il silenzio per anni quando dovrebbe fare casino
L’italiano per protestare in piazza aspetta che ci sia il sole
Il bollettino meteo guiderà la rivoluzione
Le Poste entreranno in Alitalia e mia nonna che ha paura di volare
Penso non andrà più a ritirare la pensione, sai che danno
Se fossi il fidanzato di Trenitalia sarei stufo di comprare test di gravidanza per ogni suo ritardo
Il sindacato è caldo ma poi tutto è troppo calmo tra chi incrocia le braccia e chi incrocia uno sguardo
E in Italia le mamme fanno le raccomandazioni mentre i figli di papà si fanno le raccomandate
L’italiano è scaltro, l’italiano è furbo, l’italiano è contro le unioni gay ma poi si fa inculare dal politico di turno
Si esce dal buio sai ma ci si passa dentro
Si smette di dire ormai e si trova il tempo
Allora non dire più: tanto è solo un sogno
E tu cos’hai da perdere se hai già toccato il fondo?
Nelle foto segnaletiche dei fuorilegge una volta c’era scritto “Wanted”
Ora sotto quelle foto ci trovi scritto “Votami”
Il tuo Paese ti ha allattato fin da quando eri neonato
Ma poi ti ha lasciato in strada parzialmente stremato
E il senso del ridicolo che continua a fare danni
In un Paese senza tempo ormai fermo agli anni ‘80
Qui dove il giovane regista ha appena compiuto 40 anni e il giovane architetto invece ne ha 50
E l’italiano che allo stadio urla negro a Balotelli e poi dal parrucchiere gli copia il taglio di capelli
L’italiano va allo stadio come se stesse andando in guerra
E poi se ne va in guerra come se andasse allo stadio
Si esce dal buio sai ma ci si passa dentro
Si smette di dire ormai e si trova il tempo
Allora non dire più: è solo un sogno
E tu cos’hai da perdere se hai già toccato il fondo?
Noi contro loro, noi contro loro
Siamo così senza futuro che pure i veggenti perdono il lavoro
Ci apriranno il culo come il tetto di una spider
Guidano il Paese alla rovina
Craxi Driver”.

(Fedez)










Dedicato a chi pensa di avere sempre ragione. E' che ritiene gli altri, esseri inferiori. Incapace di un vero contraddittorio (anche se pensa di essere l'unico a stimolarlo) perché troppo occupato a parlarsi addosso. E non ha in nessuna considerazione ciò che pensa chi non è d'accordo con lui. Visto che non gli interessa.
Va avanti per la sua strada. Senza rispetto per gli altri ma lo pretende per le sue idee.
Vive di assolute certezze e non ha mai dubbi, mai.
Che ritiene gli italiani beceri ed è il più becero di tutti.
Critica il paese in cui vive e contribuisce a portarlo alla rovina.
Perché nella sua critica non c'è alcun ragionamento che porti ad una strada percorribile.
Disfattista e imbecille.




13 gennaio 2015

RECENSIONE:Daria Bignardi - L'amore che ti meriti.



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Daria Bignardi è un'ottima giornalista (che seguo da sempre) ed è  una brava scrittrice.
Nel suo post, di cui vi ho parlato qualche giorno fa, accennava pure  al coraggio che aveva avuto, dopo molti anni, nel decidere di realizzare un sogno troppo a lungo accantonato: così, qualche anno fa, aveva scritto il suo primo libro. Questo mi era piaciuto molto.

Dopo ACUSTICA PERFETTA da me recensita qui, ora arriva L'AMORE CHE TI MERITI.
L'ho trovato un libro sincero ed evocativo.
Scorrevole, ti cattura come una calamita. La storia o forse dovrei dire, le storie.

Quella di Antonia (detta Toni) figlia di Alma: scopre all'improvviso che lo zio Maio, creduto morto, è ancora vivo. L'unico fratello di sua madre.
Volatilizzato,  agli inizi degli anni '80.
Alle spalle una brutta storia di droga, amicizie sbagliate. Una vita bruciata.
Decide di capirne di più. E' una scrittrice di gialli, abituata ad investigare nei panni della protagonista dei suoi libri.
E' pure la compagna di un commissario di polizia, Leo.  In attesa di un figlio.
Ma Toni è come un treno. Decisa e determinata. Parte. Arriva a Ferrara, la città della sua famiglia. 
Per lei una perfetta sconosciuta.
Come tutto il suo passato, che la madre Alma le aveva tenuto nascosto. 

Quella di Alma: ha un mare di sensi di colpa da tenere a bada. Si porta dietro, dall'età di diciassette anni, l'idea di avere contribuito al fallimento di vita del fratello. Di non avere fatto granché per riuscire ad impedirgli di drogarsi. Di averlo spinto lei la prima volta. Le aveva fatto schifo e non aveva continuato. Suo fratello Maio invece, aveva continuato risucchiato da quell'imbuto senza fondo che è la dipendenza.
Una notte due persone erano morte di overdose in una macchina. Probabilmente una partita di droga tagliata male e lui era sparito; si erano convinti fosse morto. Le ricerche non avevano dato alcun esito.
Il suicidio del padre e la malattia della madre, morta poco dopo, avevano messo messo la parola fine.
E lei era fuggita da Ferrara, portandosi dietro un peso fortissimo e cercando di sotterrarlo assieme ai ricordi della sua vita passata.

Dopo molti anni, aveva deciso di parlarne a sua figlia Toni. E si apre il romanzo.

Notevole l'idea di dipanarlo su di un doppio binario, diviso in misura eguale tra le due coppie e ogni capitolo ha come titolo il nome di una delle due donne.

Alma e Franco... due persone che si ameranno per tutta la vita rincorrendosi e cercando le risposte al loro sentimento, tra le pagine del più famoso libro di Virgilio. Rimanendo vicini e paralleli. Fin dal principio, quando si erano incontrati nel momento di massimo dolore di Alma. 
"Gli effetti del dolore sull'amore sono devastanti: diventi una persona che pensa solo a se stessa, ti senti in credito col mondo, non sai amare. La gente crede che il dolore ti faccia maturare, invece io penso che chi soffre troppo da giovane non cresca mai."

In contrapposizione Antonia e il suo compagno. Concreti, solidi, reali.

"La mano di Leo è calda. Amo le sue grosse mani e i polsi forti, biondi e lentigginosi. il giorno che ci siamo conosciuti, mentre pazientemente mi spiegava le procedure di un'indagine per omicidio, gli osservavo i polsi che spuntavano dalle maniche di una camicia azzurro slavato, come i suoi occhi. Lo stesso colore del pigiama che indossa stamattina, un pigiama da anziano anche se ha solo quarant'anni."


Attorno a loro, come meravigliosa cornice, Ferrara.

"Che strana città così tranquilla e lenta. A Bologna a quest'ora in centro c'è un traffico caotico di macchine, mezzi pubblici, pedoni anche in mezzo alla strada. Qui ci sono poche auto, pochi pedoni, Solo ciclisti che sfrecciano silenziosi, e biciclette posteggiate ovunque. Ci sono più biciclette che persone."

"Ormai ricomincio a riconoscere le strade. Mi ha lasciata vicino alla Certosa, in piazza Ariostea, un'enorme piazza rettangolare con una colonna al centro di un prato circondato da un anello ovale. Mi ha mostrato la strada per arrivare al mio albergo: sempre dritto fino a corso Genova. <quello lassù è il sommo poeta, Ludovico Ariosto> ha detto, indicando con pollice la statua sopra la colonna, <e in quell'anello l'ultima domenica di maggio fanno il palio più antico del mondo>."

Piazza Ariostea - immagine da Google


Ed io, che non l'ho mai vista, ho deciso di provvedere a colmare questo notevole deficit geografico.
Talmente brava nel descriverla(le viene facile è ferrarese d'hoc), che mi è sembrato di percorrere quelle strade assieme alle protagoniste.
Ne ho sentito gli odori, colto i colori e soprattutto (se lo leggerete capirete) i sapori.
Unica Ferrara.
Bellissima, con la sua storia che ti circonda e ti abbraccia, passo dopo passo. Mi ha catturato profondamente.
Ed ho pensato alla fine del romanzo, che oltre alle storie dei protagonisti, ciò che mi ha entusiasmato di più e tenuta attaccata al libro come colla,  è stata proprio la presenza di una regina quale mi è sembrata la città.


Però:  e al centro?

Al centro l'amore. Quello filiale, quello genitoriale, quello sentimentale, quello fraterno. Quest'ultimo è la molla. Il motivo della partenza di Antonia e il senso del romanzo.
L'amore che ci meritiamo. Alma si sente colpevole di non avere amato abbastanza suo fratello.
Di non avere cercato di amare abbastanza sua figlia.
Antonia sente che la madre avuta a fianco in tutti quegli anni non l'aveva mai compresa veramente.
Una donna troppo forte, abituata a decidere per tutti, con la stessa tenacia e forza con cui aveva dominato se stessa. Mai un cedimento, mai un momento di dolcezza.
Era cresciuta DISTANTE  anche se complice  di suo padre Franco, professore universitario capace di comprenderla semplicemente con lo sguardo.

L'amore e i suoi molteplici aspetti. Capace di farti assurgere all'olimpo e di mandarti all'inferno nello stesso istante. Amore che ripara e che distrugge.
Sempre in equilibrio precario.

A volte capita di chiederci se e quando ci meritiamo l'amore che possediamo o quello che riceviamo.
E cosa possiamo fare affinchè la luce che vediamo nello sguardo riflesso di chi abbiamo accanto, sia sempre splendente.
Percorrere la vita con coerenza e onestà a volte non basta. 
Anche perché nella nostra natura è essere contraddittori. Spaventa poter perdere ciò che abbiamo per un passo falso, un errore anche veniale.
Non sappiamo mai se e quando la linea della strada che percorriamo, possa interrompersi o virare.
E quanto questo potrebbe pesare sui nostri sentimenti, sul nostro essere.
Su chi ci ama.
A voi non sembra di essere sempre a piedi nudi nell'erba alta?

Ecco. Daria ancora una volta mi fa riflettere.

Come dico spesso, se rifletto su quanto leggo e non mi scivola addosso come acqua leggermente mossa, non posso fare altro che ringraziare chi, con le sue parole, è riuscito a scuotermi.

Il romanzo è scritto in maniera pacata e immediata. Come è lei. La riflette come uno specchio.
E' fin troppo stringato in alcuni momenti. E questo mi ha dato a volte l'impressione che l'autrice volesse mantenere un distacco. Apposito, voluto.
Come se avesse voluto dirci che quella fotografia in realtà non le appartiene.
Ma ho il dubbio che  sia molto più vicina a lei di quanto voglia farci credere.

Andate fino in fondo al giallo. Non ve ne pentirete.

PS: La copertina è magnifica.

Note bibliografiche.

Daria Bignardi - giornalista, conduttrice televisiva e scrittrice italiana.
Ha pubblicato con Mondadori:

NON VI LASCERO' ORFANI - 2009
UN KARMA PESANTE - 2010
ACUSTICA PERFETTA - 2012
L'AMORE CHE TI MERITI - 2014







09 gennaio 2015

Cominciamo?





Immagine privata Mariella S.



Per cominciare la foto del mio comodino. Nella mia nuova casa. Ho un po' di libri appena acquistati da leggere. Altri ordinati via internet, arriveranno.
Poi, qualche arretrato dei miei fumetti preferiti.
Non vedo l'ora. 

Sono stata breve vero?
E mica posso sempre fracassarvi le scatole con le mie elucubrazioni mentali...




Ma la canzone?



Ahahahah: i Jefferson Airplane...

08 gennaio 2015

Questo blog è chiuso per lutto.







Aderisco all'iniziativa del mio amico Pino Palumbo del blog Vita e Poesia e resterò in silenzio in segno di lutto per quanto è avvenuto a Parigi.

C'è un articolo della nostra Costituzione che spiega esaustivamente cosa è la libertà di espressione. 

Eccolo:


Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione. 
La stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure. Si può procedere a sequestro soltanto per atto motivato dell'autorità giudiziaria nel caso di delitti, per i quali la legge sulla stampa espressamente lo autorizzi, o nel caso di violazione delle norme che la legge stessa prescriva per l'indicazione dei responsabili. In tali casi, quando vi sia assoluta urgenza e non sia possibile il tempestivo intervento dell'autorità giudiziaria, il sequestro della stampa periodica può essere eseguito da ufficiali di polizia giudiziaria, che devono immediatamente, e non mai oltre ventiquattro ore, fare denunzia all'autorità giudiziaria. Se questa non lo convalida nelle ventiquattro ore successive, il sequestro s'intende revocato e privo di ogni effetto. La legge può stabilire, con norme di carattere generale, che siano resi noti i mezzi di finanziamento della stampa periodica. Sono vietate le pubblicazioni a stampa, gli spettacoli e tutte le altre manifestazioni contrarie al buon costume. La legge stabilisce provvedimenti adeguati a prevenire e a reprimere le violazioni (Costituzione della Repubblica Italiana - Art. 21)





05 gennaio 2015

I SAY I'STO CCA'...




Foto privata di Mariella S.





Pensavo che avrei sempre avuto tempo.
Per scrivere di te, di quello che sei, della mia prima canzone cantata a squarciagola in fondo ad un pullman, in gita scolastica.
La prima in assoluto.









E invece te ne sei andato di notte. Senza far rumore. 
Chian... chian.
Pino ma che dolore. Fortissimo.
Sto piangendo e non me ne vergogno.
Vero è che tre giorni fa mi avevi salutato a tuo modo, mentre lasciavo la mia città. La tua,nostra.
Avevo ascoltato, nel viaggio sul bus che porta da Benevento a Napoli, tutto NERO A META'.
Tanto che mi ero chiesta sorridendo, se era possibile che anche tu volessi farmi sentire con la tua voce e le parole, tutta la malinconia di quell'ennesimo distacco.
Così duro, stavolta.
Per quello che era accaduto a casa. Per la mia famiglia.
Per il pensiero di ciò che lasciavo. E l'incognita del futuro.
E invece mi stavi dicendo addio.
Tu, parte di me.

Ciao.


I say i'sto cca'
me'mbriaco e c aggia fa'
me gira'a capa ma voglio parla'
i say i sto cca'
'a tristezza se ne va
'o vino scenne ma poi finirà
mi muoverò
toccando quello che non ho
sorriderò
piangendo forse un po'
ma faccio da me
i me'mbriaco pe nun ve vede'
ma so che sbaglierò
me sento'a guerra il resto non lo so
i say i sto cca'
e'a paura se ne va
e si m addormo n'terra nun me sceta'
i say i sto cca'
ogni tanto s adda fa'
pe tutto sto burdello ca ce sta
mi muoverò
toccando quello che non ho
sorriderò
piangendo forse un pò
ma faccio da me
i me'mbriaco pe nun ve vede'
ma so che sbaglierò
me sento'a guerra il resto non lo so
mi muoverò
toccando quello che non ho
sorriderò
piangendo forse un pò
ma faccio da me
i me'mbriaco pe nun ve vede'
ma so che sbaglierò
me sento'a guerra il resto non lo so

(I Say i' sto cca' - Pino Daniele - Nero a Metà)