23 febbraio 2017

INSIEME RACCONTIAMO 18.








Siamo ad una nuova puntata dell'appuntamento con Insieme raccontiamo, ideato da Patricia Moll. 



Come di consueto partiamo dal suo incipit iniziale e dalla foto che ha scelto come tema.

La foto è questa:







L'incipit di Patricia Moll:

Battisti nelle cuffiette cantava “c’è un treno che parte alle 7,40...”

Forse non erano proprio le 7,40 però il treno era lì, fermo come un cannibale vorace pronto a inghiottire chiunque gli si avvicinasse troppo. Pauroso, eppure invitante.

Doveva smettere di guardarlo e prendere una decisione. Salire o no?

Il mio finale:


Salire, non c'era altra possibilità. E poi osservarsi, riflessa nel finestrino.

Il piumino azzurro in cui si era infagottata, quasi a volersi nascondere.
Il berretto  di lana pesante, lavorato a maglia da sua madre. 
I jeans color notte fonda con quella piccola etichetta rossa quasi indistinguibile, ormai.
E poi le vecchie scarpe da tennis bianche portate anche in pieno inverno.Erano ridotte ad un cencio ma lei non se ne separava mai, soprattutto quando doveva viaggiare.

Un panino ripieno al prosciutto, lasciato a metà sul sedile di velluto.Sul tavolino apribile, il suo walkman azzurro della Sony, con la vecchia cassetta arancione. Quello era il "periodo" Battisti, ascoltato fino allo sfinimento.
Era scesa di corsa dal treno dopo il piccolo incidente. Voleva aprire la bottiglia d'acqua appena comprata ma non aveva con sé l'apribottiglie. Allora aveva provato a stapparla come aveva visto fare a suo padre. Il collo di vetro era partito di colpo e si era procurata un taglio alla mano.
Il sangue fuoriusciva dalla ferita copiosamente, per cui si era precipitata giù per cercare di fermare il fiotto sotto il getto d'acqua della fontanella in stazione.
Il capotreno in servizio le era venuto in aiuto e dopo avere pulito la ferita le aveva fasciato la mano con un fazzoletto di cotone.
Aveva le lacrime agli occhi mentre lo ringraziava.
Sapeva che in realtà non era il dolore fisico quello che la faceva stare così male.
Era qualcosa di più profondo.
La ferita si sarebbe rimarginata col tempo, ma ciò che significava quella partenza invece, non sarebbe passato mai.
Era il 23 dicembre del 1985.
Quello che l'aspettava non era in grado di poterlo vedere chiaramente.
Sapeva che sarebbe stato difficile, con momenti di buio e dolore.
Ma la decisione era presa.
Lì alla fine di quella lunga strada ferrata, c'era il suo futuro.
Ad accoglierla, una città immersa nella nebbia del mattino appena travolta da una nevicata storica.
Avrebbe affondato i piedi in quel mondo nuovo e ovattato. 

Prima a tentoni poi sempre più sicura.

Tra le sue mani, tutta vita da vivere.

2017@Mariellaesseci 



PS: Il piccolo segno della ferita è ancora impresso nel palmo della mia mano; quel dolore sordo di fondo, come il fragore di un onda che si infrange sulla spiaggia, mi fa compagnia da oltre trent'anni.


52 commenti:

  1. Al volo ti do il mio, come viene viene.

    Ci aveva messo quasi due ore ad arrivare alla stazione per salire su quel treno. Taxi non ne prendeva; autobus non ne passavano a quell'ora e a piedi con la sua infermità era un cosa grave, perché il piede sinistro cominciava a fargli male dopo un centinaio di passi, e doveva fermarsi, poi ogni due minuti una sosta e mano mano iniziava a dolergli tutta la gamba sinistra, poi anche la destra che sopportava il suo peso quasi da sola. C'era nato così, col piede sinistro storto all'interno e la gamba più corta di sette centimetri. Aveva piantato la scuola alla terza media, lui che era il più bravo in matematica, perché nn ne poteva più di essere lo zimbello della sua classe e di tante altre. Il suo modo di claudicare, praticamente il suo doversi annodare intorno alla spina dorsale spingendo la spalla destra in alto e in avanti e abbassando l'altra sembrava la movenza goffa di un giullare. E se qualcuno a volte gli chiedeva come stava lui sentiva la nota di ironia schiaffeggiarlo in pieno viso. Ogni volta. Neanche dirlo che non aveva mai avuto una ragazza, e chi sarebbe mai andata con uno così, a farsi ridere dietro da tutti.
    Finché era arrivato Facebook e l'anonimato, l'oscuramento del web. Scrivere scriveva bene assai, non gli era stato difficile lasciar credere di essere un normale, con due gambe della stessa lunghezza e due piedi sani. Chi va a pensare di stare a scrivere ad uno storpio? Ragazze ne aveva conosciute parecchie. Le foto erano appariscenti. Lui non aveva mai postato una foto, anche se gli era venuta in mente l'idea di metterci una fotografia di suo fratello, quando era della sua età. In casa ce n'erano una quantità e suo fratello viveva in Canadà con la famiglia. Era più grande di lui, tanto di più, quindici anni più vecchio. Non gli avrebbe detto niente anche se lo avesse scoperto. Ma aveva visto che circondandosi di mistero sembrava attirare le ragazze come le mosche il miele. Tante ragazze, fino a che era arrivata Daniela, da una città grande del nord. Daniela era la più bella di tutte. Dire che lui se ne fosse innamorato a colpo era dir poco della verità. La sognava ogni notte, ad occhi aperti nel buio della sua stanza.
    Poi Daniela gli aveva scritto che voleva conoscerlo e lo aveva invitato a casa sua.
    Non aveva saputo risponderle di no. Adesso stava su quel maledetto marciapiedi, il treno era lì, le porte tutte spalancate, un biglietto in tasca, ma non si decideva a salire. Che sarebbe successo quando Daniela se lo sarebbe trovato davanti? Gli aveva promesso di aspettarlo al binario d'arrivo. Cosa sarebbe successo quando lo avrebbe visto camminare con la spalla destra che si alzava, la sinistra che si abbassava e lui che si avvitava intorno alla sua colonna vertebrale come un serpente?
    Arrivò il Capostazione con il fischietto ed il segnale di partenza nelle mani. Aveva pochi secondi per decidere. Era rimasto lui solo sul marciapiedi. Il Capostazione gli diede un'occhiata, poi alzò il segnale verde e lasciò partire un fischio lacerante. Le portiere si chiusero automaticamente tutte insieme ed il treno si mosse.
    Lui restò un attimo fermo, poi si girò e si incamminò per tornare a casa. Ci avrebbe messo altre due ore.
    Avrebbe fatto in tempo a cancellare tutto il suo profilo da Facebook prima che Daniela partisse da casa sua per andare alla stazione a riceverlo.

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  2. certo che poi con le bottigliette di plastica abbiamo fatto un bel passo avanti

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    1. Io continuo a preferire quelle di vetro.
      Sono masochista.

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  3. Davvero bello, evocativo. Credo che la sua forza sia legata a qualcosa di tangibile e vero. Brava Mariella.

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    1. Grazie Max. Non è che sia un granchè ma fa parte della mia vita.
      Che è sempre stata scandita da treni...

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  4. Ti riconosco perfettamente ^_^ L'inizio della vita da "grande" in una città che ad oggi è la tua, si avverte la pena per il distacco dal "prima". Carinissimo, un baciotto!

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    1. Grazie Glò, si sente che è vita vera eh?
      Bacio.

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    2. Mi ha fatto quell'impressione, sì. Vero che leggendoti da un po' avevo elementi biografici XD Poi potrebbe essere pura "romanzazione", ben riuscita ;)

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  5. Struggente Mariella.
    Si capisce che è vita vissuta che continua a vivere in te. Un ricordo, un dolore,un nuovo inizio.
    Sempre si può riconinciare anche tra solitudine e lacrime
    Bacio!😙

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    1. Si ricomincia sempre. E a volte si rende necessario.
      Ti abbraccio.

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  6. il fatto è che quel treno con lei non c'entrava nulla, la direzione era contraria alla sua logica, la destinazione una vera follia e questo l'attirava. cincischiò fino all'ultimo con le frange della sciarpa sperando che quel convoglio se ne andasse e invece restava lì immobile e sbuffante come aspettasse solo lei. alla fine si alzò, si avvolse la sciarpa attorno al viso come un rapinatore e con un passo esitante salì sul vagone. era un'assurdità, lo sapeva bene, ma una volta che il treno si mosse lei si lasciò risucchiare dal passato come non fosse ancora accaduto.
    massimolegnani
    (orearovescio.wp)

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    1. Buongiorno Carlo e benvenuto.
      Si partecipa scrivendo il proprio finale sul post di Patricia, forse non è chiaro dal mio scritto. Io ho partecipato facendo un post direttamente come faccio di consueto, sul mio blog.
      Copierò il tutto di là da lei.

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    2. FAccio io Mariella, grazie!
      Spero che Carlo non abbia problemi visto che l'ha messo qui in pubblico. Metterò il lnk di ore a rovescio. Spero sia quello giusto.
      Ciao stella!

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    3. grazie a tutte e due. sono un imbranato digitale e non riesco a entrare nel blog di Patricia Moll o meglio entro in una pagina di plus google dove mi perdo :)
      tra l'altro non sapevo le regole del gioco. A giudicare dal tuo brano avrei dovuto scrivere un racconto completo e non postarlo qui!
      toccante il tuo racconto dove il viaggio è cambiamento e allontanamento dalla propria vita
      massimolegnani alias Carlo Calati

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    4. Ciao Massimo!
      Non parliamo di imbranati che io invece, quando arrivo su wp, mi sento una vecchietta di novant'anni. Per riuscire a postare un commento sudo sempre le cosiddette "sette camicie".
      Chiedo nuovamente scusa perché sono stata poco chiara nello spiegare il gioco qui da me.
      Sappi che non si vince nulla, il bello è partecipare.
      Ho apprezzato moltissimo il tuo brano e sono stata felice di copiarlo da Patricia.
      Un abbraccio e a rileggerci presto!

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  7. Senza parole Mariella .. Trovo bellissimo e commovente il tuo finale.
    Un bacio :*

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    1. Grazie e benvenuta.
      Mi fa piacere che tu lo abbia trovato così bello.
      Un abbraccio.

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  8. Sarà stato il 1985 ma lo trovo un racconto attualissimo e mi ci sono immerso e ritrovato (sarà che amo i viaggi in treno, li trovo malinconici ma bellissimi).
    Brava Mariella

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    1. Gli arrivi e le partenze sono sempre attuali, come le emozioni che trasmettono.
      Non cambiano mai.
      Grazie Pier, bacio.

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  9. I miei complimenti Mariella per questo racconto di vita.
    Saluti a presto.

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    1. Ciao Vincenzo, sempre gentile.
      Buona giornata.

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  10. Molto bello... e mi sembra di vederti tra nebbia e neve... a coglierne solo il fascino.. capace come poche...

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    1. E la nebbia aveva un odore che non ho più dimenticato...
      Grazie!

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  11. Carissima Mariella ho letto con interesse il tuo racconto nel quale ho potuto intravedere spunti autobiografici forti in quanto ho avvertito una partecipazione e un coinvolgimento da parte di chi ha proseguito l'incipit sviluppandolo e dando vita ad un racconto che ho inteso come emblema di una crescita,di un cambiamento di vita,concetto simboleggiato dal treno che va altrove,al di là della nostra terra d'origine.
    Un treno che simboleggia un distacco inteso come crescita,cambiamento di residenza ma anche di abitudini...in senso positivo...quindi un distacco che ai nostri occhi ci aiuta a maturare,a crescere recandoci lontano dagli affetti...ma questo allontanamento,se vissuto con la giusta maturità non può che farci bene in quanto ci rafforza,ci tempra,ci fa diventare grandi....
    Mi piace molto lo sviluppo che hai dato all'abbozzo iniziale e il significato che credo si nasconde dietro di esso...
    Un abbraccio forte e tantissimi complimenti:)).
    Rosy

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    1. I treni sono nel mio dna. È Già capitato in passato di parlarne e ne parlerò in futuro.
      Quel viaggio è stata una catarsi, sono partita ragazzina e sono arrivata donna.
      Poi, tutto quello che riguarda ciò che ho lasciato costretta da una scelta di vita rimane impresso dentro di me come un bagaglio naturale.
      Grazie per avere compreso perfettamente ciò che volevo dire, tra una riga e l'altra.
      Bacio e buona domenica.

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  12. Visto che la smania di scrivere il mio racconto mi ha fatto trascurare il tuo, chiedo venia e mi cospargo il capoccione di cenere.
    Si sente lontano un miglio che narri una storia vera, una storia tua. C'è un senso diffudo di malinconia, che io conoco fin troppo bene come sai. La mia terra è ridente in riva al mare, respiravo a pieni polmoni aria salmastra, città di mare più di mare non ne ho conosciuta cme Civitavecchia. Da lì andare al Nord tu sai cosa significa. No, non mi sono mai sentito un terrone e nemmeno tu, ci scommeto, ma qualcosa mi mancava e ti mancava -o devo dire ti manca?- Il tuo sorriso aperto però mi rincuora. Diciamo che per poter vivere bene in ogni altro luogo oltre quello natio si debba essere come te, come me, sinceri dentro anche troppo, non nel senso tra di noi, ma con tante prsone che volendo potrebbero trarre profitto da codesta sincerità.
    Ti ci vdo sai che stappi la bottiglia alla russa e ci rimani fregata. 1985, cavolo eri ancora una ragazzina, ma non te l'avevano detto che ti serviva una scimitarra per far saltare quel tappo? AHAHAHAH.
    Mi ricordi Anna Maria: quando era giovane mi faceva vivere col mal di cuore. Si è martellata un'unghia della mano sinistra: caduta. Un'altra unghia chiusa tra i battenti di un porta: caduta pure quella. Una mano, sempre la sx rimasta tra le alte a scatto del letto nuovo da montare di uno dei nostri figli, pur avendola pregata di lasciar perdere che l'avrei fatta io. Un secondo dopo o due sentito il gridolino AH! e sentitolo scatto. Eccola lì. Perfino tre mesi fa si è chiusa un dito non si sa dove. Unghia caduta, con mio aiuto decisivo, esattamente ieri pomeriggio.
    Stareste bene insieme. Lei dice: cose che capitano a chi lavora. Prefrisco fare sciopero.
    Comunque complimenti Mariè. Hai scritto un bel racconto. Spero che tu vinca. Io lo voterò.
    Ciao, a risentirci.

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    1. Ahahah ma non si vince nulla Enzo, è proprio questo il bello dell'evento. Ognuno dona un seguito alla storia che inizia Patricia, attingendo al proprio percorso di vita o solo dalla fantasia o da interessi e passioni. Ma non c'è alcuna competizione che faccia da collante. Solo blogger uniti dalla passione per la scrittura che si divertono insieme. Mi spiace se alcuni dei miei amici che di solito mi leggono, non abbiano capito questo. Io posso postare direttamente sul blog di Pat e non farne menzione qui. Se scrivo da me, lo faccio perché mi fa piacere se voi leggete ciò che ho provato a scrivere e ancor di più se magari suscito interesse e voglia di fare lo stesso. Leggere e commentare non vuol dire essere costretti a partecipare, tutt'altro.
      Non mi sembra poi così difficile.
      Buona domenica e un grande bacio.

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  13. Bisogna saper prendere certi treni quando passano.

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  14. Complimenti per il racconto, il treno è stata l'invenzione più bella, ha unito tinti popoli e fatto viaggiare il mondo, se dovrei raccontare un po della mia vita sul treno, incominciata il 74, messo su un treno a 14 anni e spedito a Torino per frequentare una scuola superiore, perchè li avevo un fratello più grande, il treno proveniente dalla Sicila, quando giungeva nella mia provincia era già tutto pieno, e fino a Torino era lunga la corsa, poi se dovrei raccontare del periodo in cui navigavo e viaggiavo in treno e le tante volte di scioperi buttati in qualche stazione per andare qualche giorno in licenza, mi vengono i brividi, il tragitto era di settecento chilometri, La Spezia-Battipaglia, ora senti che i treni sono puntuali e veloci e fai fatica a crederci, purtroppo l'Italia è andata sempre a due velocità.
    Ciao Marinella buona vita.

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    1. Ciao Gaetano, per me, come dicevo sopra a Rosy, il treno è casa, è nel mio dna. Ci sono cresciuta sui treni, e ci ho girato tutta l'Italia, fin da bambina. Era il modo più semplice per spostarmi. Ne conosco gli odori, i rumori, le fattezze, lo spirito vagabondo. Dalle "lettorine" degli anni '70, all'alta velocità di oggi.
      Vorrei dirti che quando da Napoli si partiva per Milano, erano notti lunghissime e speciali. Certo, i treni in arrivo dal sud non erano mai puntuali, ma anche oggi purtroppo, la puntualità resta un optional. Il mio ultimo viaggio in treno da Barletta a Benevento il Natale scorso, su di un treno ad alta velocità, ha portato un ritardo di un'ora e mezza.
      E questo per una tratta che dovrebbe essere percorsa in meno di due ore è inaccettabile. Che ci si metta il doppio del tempo intendo.
      Per cui, l'Italia continua ad avere due velocità.
      Un abbraccio e buona domenica.

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  15. Immaginavo si trattasse del tuo vissuto, è stato una specie di sesto senso a dirmelo.
    Bellissimo post, complimenti!
    Baci, Franny

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    1. Grazie Franny, anche il tuo mi è piaciuto tantissimo.
      Bacio.

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  16. Ciao, Marina!
    Bello anche il tuo finale, spiazzante per certi aspetti. Brava.

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    1. Ciao Luz!
      Grazie di cuore, mi fa piacere che tu sia rimasta coinvolta dal racconto.
      Un abbraccio.

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  17. Molto intrigante e chissà perchè in qualche piega mi ci sono ritrovata..
    So che ci conosciamo da una vita e sappiamo i nostri lati più reconditi...
    Buon pranzo e abbraccio strettissimo!

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    1. Ero sicura che un treno così fosse passato anche per te.
      Bacio, spero vada un po' meglio.

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  18. Certo che salgo. E’ la quarta volta che vado a Venezia ma è una città così struggente e ho piacere che la veda anche lui, che invece non l’ha mai vista. Dicono che sia la città dell’amore, romantica per eccellenza. Ebbene finalmente ci vado con un uomo che ho nel cuore. Se non ricordo male ci sono stata con un’amica di vecchia data, con una specie di ex e con mio figlio. E’ ancora così forte e struggente il ricordo dentro di me. E mi ricorda subito Bologna e i treni che ho preso con Daniele. Lacrime silenziose solcano il mio viso, non dovrei davvero cominciare un viaggio così ma non riesco proprio a fermarle. E adesso chissà che penserà. Interrogatorio di III grado e vorrei tanto che tutto questo invece rimanesse dentro di me, silenzioso e privato. Anche la città in cui stiamo andando ha un silenzio bellissimo, un silenzio che non ho sentito mai in nessun posto, fatto solo del rumore dell’acqua che si infrange sugli scalini e sui moli. Un silenzio in cui puoi perderti per quanto è grande. Venezia è una città magica e durante la settimana ci sono meno turisti e quindi sarà più bella. Conosco i suoi vicoli ma mi piace scoprirne di nuovi e assaggiare di nuovo il baccala come lo cucinano lì e anche entrare di nuovo nella magnifica Sala dei Dogi e rimanere folgorata dalle sue dimensioni e dalla sua bellezza. Una città da mangiare piano piano assaggiando i suoi sapori e i suoi piatti, una città da respirare, una città da ammirare e una città da ricordare. Perché una volta che ti è entrata nel cuore non se ne va più.

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    1. Elisa, non capisco è sparito il mio commento.
      Il tuo finale mi è piaciuto tantissimo e l'ho girato sul post di Pat.
      Bacione.

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    2. grazie cara... carinissima.
      Anche il tuo mi è piaciuto tanto

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  19. Cara Mariella, leggere questo post mi ha fatto sentire l'emozione di quando frequentavo un laboratorio di scrittura che mi ha aiutata a esporre le mie emozioni attraverso i racconti e a farmi sentire bene con me stessa. Eravamo una decina di persone e ne uscivano di quelle storie... avvincenti come le vostre.
    Bello!
    Un abbraccio
    Nou

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    1. Mi piace l'idea del "laboratorio". Mi sembra un modo molto indicato per definirci. Un gruppo di persone che si divertono e provano a raccontare e a raccontarsi partendo da un inizio comune. Che chissà dove porta...
      Ti abbraccio Nou e grazie!

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  20. Brava, hai messo il banner "LA LIBERTÀ NON È UN BVAGLIO". Ma non ne avevi bisogno: nessuno riuscirebbe a metterti un bavaglio.

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  21. Leggo ora il tuo finale Mariella, e ho finito per scrivere qualcosa di simile, solo che a differenza del tuo racconto, il mio non è autobiografico. E' stato immaginato nell'altra direzione :D
    Il tuo racconto ha un quid in più, di una bellezza che non si può sostituire nemmeno con la più fervida fantasia. Bellissima la scena della bottiglia, e che ricordo prezioso!
    Un abbraccio
    Marina

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    1. Cara Marina vengo a leggere il tuo, e grazie per le tue belle parole dedicate al mio pezzo.
      Abbraccio grande.

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  22. Mariella, che dire... EMOZIONE ALLO STATO PURO. Di cuore, perchè a volte non riesco a trovare le parole: ma in questo tuo scritto c'è veramente un pezzo d'Anima. Bello, da far vibrare e commuovere chi ha la fortuna di perdersi in questo tuo ricordo. BELLO. Veramente tanto...

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    1. Regina, mi fa davvero piacere ti sia piaciuto. E' un episodio che ha segnato tutto il mio percorso di vita e la verità vibra forte.
      Ti abbraccio!

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Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere.
(Emily Dickinson)