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Giotto di Bondone - Storie di San Francesco - Basilica Superiore di Assisi |
Una sera, di ritorno da una cena con amici, si allontanò da loro.
Lo cercarono e lo trovarono perso nei suoi pensieri.
Gli chiesero se fosse innamorato.
Innamorato?
Oh sì, era quella la parola magica.
Innamorato era una delle risposte.
Non una donna in particolare ma un'idea:la Povertà.Nessuno l'avrebbe amata più di lui e l'avrebbe abbracciata come lui, per sempre.
Rivoluzionario, ma allo stesso tempo antico, utopista.
Detto fatto, preso da una febbre senza precedenti, iniziò a regalare ai poveri tutto quello che era suo.
Si rese conto, pero' che donare non era abbracciare la povertà.
Il suo ardore gli feceva abbracciare ogni giorno, gli ammalati, i lebbrosi, tutti quelli a cui, incessantemente donava tutto se stesso.
Lo portò a dedicarsi al lebbrosario di Assisi, dove passava le giornata a curare a servire gli ammalati.
Sempre con il sorriso sulle labbra, dispensando amore e baci.
Per i baci e gli abbracci, aveva un trasporto eccezionale.
Come un bambino, riteneva che fossero dono grandissimo.
Come un bambino, amava senza riserve.
"Guerra" e amore cercava Francesco, rovesciando però quanto era nella visione normale della vita. La sua guerra la combatteva non risparmiando nulla di se stesso per raggiungere l'amore.
Ma aveva anche dei sogni: ad esempio il castello per i suoi cavalieri.
Una piccola chiesetta appena fuori Assisi caduta in rovina, attrasse la sua attenzione e lì, nella solitudine di quel luogo ameno, San Damiano, capì cosa doveva fare.
Doveva ricostruire, con l'esempio, la povertà e la pazienza.
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San Damiano - Assisi |
Chiese aiuto economico al padre, ma ebbe un rifiuto netto.
Suo padre ormai era lontano, non lo comprendeva più e lo cacciò di casa. Quel figlio non era più suo.
Si cercò di portare pace tra genitore e figlio e il vescovo di Assisi, li convocò per trovare una conciliazione.
Fu allora che Francesco, chiamato a rispondere dei suoi gesti di estrema generosità nei confronti del prossimo a danno degli averi del padre, decise di restituire tutto con il gesto eclatante della rinuncia e partendo dai vestiti che aveva addosso, si spogliò.
Lasciò Assisi e si diresse a Gubbio dove visse curando i lebbrosi.
Poi tornò a San Damiano perchè aveva fatto una promessa. Trovò l'aiuto grazie ai suoi concittadini, chiedendo l'elemosina proprio a casa sua.
E riuscì a sistemarla la sua chiesetta, con le offerte ricevute e l'aiuto di alcuni contadini della zona.
Successivamente la sua attenzione si spostò verso un altro luogo ameno, immerso nella campagna sotto Assisi: una chiesina completamente abbandonata molto cara a sua madre, circondata da una porzione piccolissima di terra attorno, da qui il nome: La Porziuncola.
Riprese l'arte del manovale e cominciò a rimetterla in sesto.
Da quel luogo si spostava spesso, per andare in giro a predicare l'amore e la povertà, punti cardine della sua nuova vita.
Piano piano, quel "matto" cominciò ad incuriosire altri giovani uomini, abbagliati dalla luce che emanava dal suo cuore.
Bernardo da Quintavalle uno degli uomini più ricchi e saggi di Assisi, lo seguiva da lontano da quasi due anni.
Una sera lo invitò a cena a casa sua.
Lo ospitò anche per la notte nella sua camera, per controllarlo.
Lo vide pregare incessantemente e non dormire nemmeno per un'ora.
Capì che si trovava di fronte non ad un pazzo, ma ad una risposta.
E lo seguì.
Poi fu la volta di Pietro Cattani, che pur non essendo ricchissimo, rinunciò per il "pazzo" di Assisi al canonicato che a quei tempi era un posto sicuro e onorevole.
Arrivò Egidio, un fanciullo orfano che gli si gettò letteralmente ai piedi implorandolo di prenderlo con se.
Piano piano, alla Porziuncola arrivarono altri ragazzi, rapiti dalle sue parole.
Vollero chiamarsi frati, ovvero fratelli.
Più tardi aggiunsero un aggettivo che rimase per sempre nella definizione dell'Ordine: minori.
L'insegnamento semplice e allo stesso tempo rivoluzionario di quel periodo fu che c'è più merito a chiedere che a donare, perchè si offre agli altri l'occasione di fare del bene senza averne l'aria e perchè non c'è maggiore umiltà di chi stende la mano e confessa di avere bisogno dell'altro.
Erano ormai 12. Francesco si rendeva conto della responsabilità e decise di andare a Roma per parlare con il Papa e per proporre la sua regola.
Innocenzo III, un guerriero sotto le vesti papali, lo guardò dritto negli occhi.
Era colpito dalla fermezza di quello smilzo personaggio, quel fraticello che gli sembrava quasi invasato.
Gli consigliò di tornare da lui, quando Dio che sentiva di amare tanto gli avesse dato un segno inequivocabile alla chiamata.La regola proposta da Francesco gli sembrava troppo aspra, al di là delle possibilità umane.
Ma il giorno seguente lo richiamò, aveva sognato che la Basilica di San Giovanni in Laterano stava per crollare e un uomo goffo, vestito poveramente puntellava e reggeva tutto sulle sue spalle.
Francesco perorò la sua causa con una parabola e incantò tutti, affabulatore emerito qual'era.
Convince Innocenzo III, che intravide la grandezza d'animo di Francesco e la sua forza illuminante.
Nacque l'Ordine.
Tornò a casa forte dell'investitura papale e il vescovo Guido gli affidò il cammino quaresimale del 1211.
Tra tutti gli ascoltatori che lo seguivano quotidianamente, c'erano le figlie giovanissime di Favarone di Offreducci: Chiara, Caterina e Beatrice.
La giovane Chiara, fu letteralmente stregata dal potere incantatore del giovane predicatore e volle incontrarlo, anche lei era una giovane donna in cerca di risposte.
Scappò di casa per raggiungerlo e come lui si spogliò di ogni cosa che possedeva e tagliò i suoi meravigliosi capelli biondi come gesto di massimo allontanamento dalla vita che aveva seguito fino a quel momento.
A Chiara si aggiunse sua sorella Caterina e altre giovani fanciulle, Francesco chiese al Vescovo Guido come abitazione per le "Povere dame", San Damiano. Il vescovo acconsentì.
Loro ebbero le stesse regole dei Minori, ovvero i voti di povertà obbedienza, castità e letizia. E contribuirono all'ampliamento della regola operando tra i malati e i bisognosi.
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San Damiano - refettorio - il posto di Chiara. |
Francesco intraprese molti viaggi per diffondere il suo pensiero, giunse a conoscere diversi popoli compreso gli arabi e ovunque fu accolto e ascoltato.
Uno dei suo frati, l'amatissimo Leone lo accompagnò nel viaggio più difficile, quello del dolore.
Anzi, come lui amava dire, il perfetto dolore.
A piedi raggiunsero il monte La Verna dove, come tutti i più grandi mistici, ricevette il dono delle stigmate. Disse, durante le sue lunghe notti di preghiera, che era pronto alla sofferenza che lo avrebbe accompagnato perpetuamente per il resto della sua vita, fu accontentato.
Negli ultimi anni di vita che furono velocissimi, scrisse incessantemente.
Ci ha lasciato doni di poesia eccelsi, le Laudi.
Con questi mirabili versi ha celebrato tutto quello che aveva amato nella vita come dono di Dio.
E volle per ultima celebrare la Povertà, sua sposa.
Era stanco,provato dalle fatiche fisiche e spirituali.
Decise che era il momento di riposarsi, e scelse di morire nella sua Porziuncola circondato dai suoi frati e Chiara, il 2 ottobre del 1226.
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Porziuncola - interno - posto in cui morì Francesco |
Ora spero di non avervi annoiato, è stato lungo questo viaggio per conoscere meglio Francesco.
Era un uomo, un pazzo, un esaltato, un santo, un mistico?
Era un uomo.
Più luminoso, più grande di altri.
Difficile, quasi impossibile da imitare.
In questi tempi bui, possiamo solo ammirarlo e cercare di seguire qualche suo piccolo passo.
Con tutti i nostri limiti.