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AUSCHWITZ 1 - VERSO L'ENTRATA (FOTO MS) |
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AUSCHWITZ 1 - IL CANCELLO D'ENTRATA (FOTO MS) |
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AUSCHWITZ 1 - IL MURO DELLE FUCILAZIONI (FOTO MS) |
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AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - ENTRATA (FOTO MS) |
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AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - I BINARI (FOTO MS) |
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AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - UN CARRO (FOTO FP) |
Ho fatto questo viaggio perché era da tutta la vita che volevo andare. Per quello che avevo letto, visto, sentito. Attraverso le parole di altri, i volti di altri, il dolore di altri. Tutti gli altri che sembrano sempre così lontani e distanti da noi. Allora come oggi. Ma da quell'orrore non siamo e non saremo mai affrancati. Pur andando, calpestando quell'erba, toccando quelle mura fatte di mattoncini rossi. Così ordinato, così preciso, così pulito. Quando sei dentro ti sembra tutto così irreale, assurdo. E la domanda resta inevasa, perché la risposta non c'è. Non esiste una risposta. Come non esiste colpa per chi, arrivato in quel luogo, ci mise solo cinquanta minuti per morire. L'ottanta per cento del milione e mezzo di persone che entrarono da quel cancello. Il venti per cento invece, ebbe un'aspettativa di vita più alta: qualche mese. Da un mese a tre circa, per morire. Fiaccati dagli stenti, dal lavoro durissimo, dalla perdita del dono più prezioso che l'uomo abbia. La sua dignità.
I pochissimi superstiti, quelli che erano vivi per caso, quando il 27 gennaio del 1945, i russi entrarono nei loro campi di lavoro, sopravvissero solo perché, un giovane medico, comprese quale era l'unica strada per guarire il loro fisico. Dando loro pochissimo cibo e consentendo agli organismi ormai privi di forza di riprendersi lentamente, con il tempo. Ci misero mesi per recuperare qualche chilo. E non tutti ci riuscirono. Per quel che riguarda la condizione di esseri umani, non è bastata tutta la vita. C'è una foto, tristemente famosa, in una delle stanze del museo. Ci sono alcuni bambini al di là del filo spinato, fotografati dopo qualche mese dalla liberazione. Tra loro una bimba bellissima, con un caschetto di capelli neri. Accanto alla foto c'è una sedia vuota. Un paio di volte l'anno, una signora molto anziana si siede esattamente lì. Non parla, ma guarda ogni persona che attraversa la stanza e rimane con il dito puntato verso quella bambina per ore. E' LEI. Che ci ricorda. DI NON DIMENTICARE. Ma noi uomini non abbiamo mai tenuto in considerazione quello che ci ha insegnato la storia. E siamo sempre pronti a tornare all'inferno. Perché è l'inferno il luogo in cui desideriamo andare.