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Gabriele Romagnoli - immagine presa dal web |
Gabriele Romagnoli è un grande giornalista. Non solo.
Uno scrittore e autore che fa riflettere grazie alla sua capacità di sapere raccontare in una maniera unica, attraverso parole che sembrano uno scatto di polaroid.
Lo seguo da anni. Sulle pagine del mio settimanale preferito e grazie ai libri che ha pubblicato.
Nella breve parentesi in cui è stato direttore di GQ e per un breve periodo anche sul suo blog.
Fino a pochissimo tempo fa non sapevo che avesse esordito nel 1987 pubblicando un racconto nell'ambito del progetto "Under 25" ideato da Pier Vittorio Tondelli. Mentre mi avvicinavo al grande scrittore emiliano mi sono resa conto che incredibilmente, c'è un filo invisibile che lega lui a Ligabue e Romagnoli. Del mio amore per il primo conoscete tutto. Della stima per il secondo sto per parlarvi adesso.Ma è un ulteriore dimostrazione per me che, niente è per caso.
Leggerlo è familiare, intenso. Mi immergo nel suo mondo, nella sua vita. E' estremamente sincero a volte duro, mai finto. Ha raccontato di sè attraverso i mille luoghi in cui è stato.
New York City, Egitto, Libano per fare alcuni esempi. Ma poichè da sempre ho la fissa per la Grande Mela, è stato naturale per me, apprezzare le dodici puntate o meglio i dodici articoli che scrisse su Vanity Fair nel 2010, dalla città ombelico del mondo. Dodici articoli per i dodici mesi trascorsi nel posto più bello del mondo. Second me.
Gli articoli avevano un titolo: Il mondo in una strada. Strada che poi è stata un punto cardinale da raggiungere una volta che ci sono arrivata ed ero finalmente, esattamente, nel luogo dove avrei voluto nascere. La città dei miei sogni.
E così, partendo da Fulton Street in Lower Manhattan, che chissà perché mi ha ricordato Fellini e la magia dei suoi film affreschi di quel tempo, ha narrato delle persone che lo hanno attraversato e di tutto un universo incredibile di personaggi che pur reali, ha saputo avvolgere con un'aurea surreale.
Dall'angelo di Victoria's Secret soprannominata "Wannabe" incontrata sulle scale di casa, al giorno in cui tra colazione, pranzo e cena ha mangiato con un rabbino, un iman e un prete. Lui che credeva fosse possibile solo a Gerusalemme si è reso conto che no, NYC è anche questo. Anzi Fulton Street, sulla coda di Manhattan, è anche questo.
Come la storia dei tre fratelli equadoregni arrivati nel 1985, entrati in un negozio e mai più usciti. Arrivati come clandestini e divenuti sciuscià. Immagini da cinema neorealista italiano, che si sovrappongono quasi in automatico alla storia. Bianco e nero e titoli di coda.
Ha celebrato lo "spirito dell'umanità"ascoltando gli "StoryCorps". Gente che gira l'America raccogliendo storie. E lo fanno in camper, cabine telefoniche e addirittura scatole.Niente di più giusto per uno come lui.
Avanti storia dopo storia, fino all'ultima. Quella in cui ci parla di una strada Fulton, che sembra ogni volta morire e rinascere. Una serranda dopo l'altra che si abbassa, definitivamente. I caffè come quello in cui aveva fatto colazione con il rabbino che è stato tra i primi a chiudere. Luoghi aperti per anni che lasciano il posto al nuovo.
Solo pop up store però. Negozi che oggi ci sono e domani beh, domani ci sarà qualcosa d'altro.
La strada come la città è un fiume che si svuota e si riempie. Diversa ogni volta eppure sempre uguale. Cercando di resistere fino a che ci sarà qualcuno che vorrà costruire qualcosa partendo da lì.
La tristezza di un ciclo che si chiude mi fece desiderare di conoscerla. Del resto l'avevo vissuta puntata dopo puntata grazie a lui, per un anno intero. Disse che non aveva più storie da raccontare da quel posto. Eppure.
Io non ci ho creduto e sono andata a ficcare il naso. Due volte.
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Fulton Street all'angolo ( foto MS) |
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Fulton Street nel 2011 ( foto MS) |
Dopo gli articoli e tra gli articoli che continuo a leggere come un'assetata ad una fonte sempre fresca, ho continuato a conoscerlo attraverso i suoi romanzi. Ne ho letti due.
Domanda di Grazia e L'Artista.
Il primo racconta una storia di cronaca italiana. Coinvolto un suo vecchio amico. Nonostante l'amicizia, non cerca compromessi o giustificazioni da dare. In realtà ci parla di giustizia e di come le carceri in realtà siano delle dure scatole senza senso. Forse.
Il secondo è una storia che lo riguarda da molto vicino. Partendo da Bologna, città natale. E dai personaggi tutti simili ai suoi familiari.Ho amato il modo in cui parla del padre del protagonista. Attraverso quaranta e passa anni di vita, dall'Italia della seconda guerra mondiale agli anni '80,lui ci racconta anche come è nata la storia. E come, dopo un po' che scrive, si stanchi dei personaggi che crea tanto da volerli uccidere. Combatte per tutto il tempo della stesura del romanzo questa tentazione. Ora mi diverte pensare che, ad ogni passo avanti che faccio nelle sue storie magari nel punto esatto in cui mi sono soffermata, sia stato spinto dall'impulso costante di terminarle con un finale crudele. Eppure trova sempre un escamotage per continuare. L'espediente che utilizza ne L'Artista è di rendere i personaggi simili in parte ai componenti della sua famiglia e questo gli consente di tenerli in vita.
Il titolo del mio post nasce da un momento cruciale della storia. Il padre lo dedica al figlio. Essere padri e figli in realtà non sarebbe nulla di speciale, ci vuole qualcosa in più. Bisogna come in ogni rapporto d'amore, riconoscersi ogni giorno. E scegliersi ogni giorno.
Mi piace, lo condivido.
Non sono genitore però sono figlia e non smetterò mai di esserlo. Dall'altra parte della barricata ci si rende conto che i nostri anni sono stati scanditi da ere. La prima è stata l'infanzia e allora tutto era perfetto, soprattutto loro ai nostri occhi. La seconda è stata l'adolescenza, era di rifiuto e di lotta. Niente andava bene, nulla era come volevamo. La terza è stata quella della lontananza.Eravamo giovani dovevamo cavarcela da soli. E' servita a trovare il nostro mondo e a riscoprirli poco a poco. La quarta la maturità detta anche l'età dell'oro, è quella che la maggior parte di noi sta vivendo ora. Siamo tornati ad amarli con tutti i loro difetti, esattamente come da sempre fanno loro con noi. E ogni volta, in ogni situazione, ci siamo scelti. In guerra e in pace.
E poi se ci riflettete bene, mica vale solo per il rapporto genitori-figli non sembra anche a voi?
Resta che tutto questo è davvero speciale.
Come lui. Che riesce con le sue parole a rendere straordinario, l'ordinario.
In occasione di BookCity 2013 Gabriele Romagnoli sarà a Milano.
Lascio il link con la data dell'incontro.
Storie di ordinaria malagiustizia
Io sarò in giro saltando da un posto all'altro come un grillo. Per il 2013 la manifestazione si presenta ricchissima di incontri.
E' solo il secondo anno. Chissà cosa ci riserverà il futuro.