15 ottobre 2021

[RICORRENZE] 16 OTTOBRE 1943



Fascismo ed ebrei in Italia e a Roma

Brano tratto e adattato dal volume “La resistenza silenziosa. Leggi razziali e occupazione nazista nella memoria degli ebrei di Roma” a cura di Marco Impagliazzo, Guerini e Associati, 1997

Il 16 ottobre 1943 è una data importante per la comunità ebraica di Roma, ma anche per la città intera. Per gli ebrei romani è l’ultima tappa di un triste itinerario iniziato nel settembre del 1938 con la promulgazione delle leggi razziali. Tra queste due date esiste un profondo legame: per molti ebrei romani infatti le leggi razziali hanno rappresentato l’anticamera dei campi di sterminio nazisti. Il 1938 è un anno cruciale. La vita cambia in tutti i suoi aspetti, pubblici e privati. È una svolta che coinvolge tutti gli ebrei, dai bambini agli anziani, da chi nasce a chi muore. Dal 1938, infatti, “ufficialmente” gli ebrei non muoiono più in Italia: è vietata anche la pubblicazione dei necrologi sui giornali. Dal 1938 gli ebrei in Italia devono diventare “invisibili”. Tuttavia, come avrebbe mostrato il 16 ottobre, gli ebrei erano molto visibili, facilmente reperibili: erano registrati in una lista, quindi perfettamente identificabili, per separare il loro destino dal resto della popolazione romana.

Si è discusso a lungo, in sede storica, su quest’atto discriminatorio di Mussolini: un’imitazione cedevole del sistema hitleriano o una scelta dettata dalla logica del regime? Le leggi razziali, con il loro risvolto antisemita, hanno avuto in Italia un “carattere blando” dovuto essenzialmente a un tipo di razzismo “perbene” rispetto a quello nazista? Gli italiani sono stati davvero antisemiti o piuttosto spettatori passivi della politica mussoliniana? Le domande si sono affollate in sede storiografica attorno a uno degli episodi più drammatici del Novecento italiano. Si è sostenuta una distinzione tra il periodo della “persecuzione dei diritti”, relativamente agli anni tra il 1938 e il 1943, e il periodo della “persecuzione delle vite”, tra il 1943 e il 1945.

Sta di fatto che i due periodi si saldarono tra loro, proprio in quel tragico ottobre 1943. La deportazione degli ebrei fu possibile in maniera così radicale e rapida perché questi italiani “invisibili” erano già stati isolati e ben identificati con le leggi razziali. L’assenza dello sterminio come obiettivo della politica razziale fascista non produce un antisemitismo innocuo, come si vede proprio nella tragica saldatura del 16 ottobre 1943.

In molte storie degli ebrei romani e italiani risuona l’interrogativo: perché le leggi razziali discriminavano senza motivo alcuno una parte degli italiani? Si legge nel diario inedito di un ufficiale delle Regie Forze Armate: «Perché anche da noi si è ripresa la persecuzione contro gli israeliti? E si sono emanate quelle leggi sulla difesa della razza che sono il disonore della moderna civiltà?». Migliaia di «perché» hanno risuonato nell’esistenza di quegli ebrei italiani che furono prima costretti ad adattarsi a una nuova e dura situazione, poi a lottare contro la morte.

Fu un tragico caso? A distanza di più di mezzo secolo, la maggior parte degli storici concorda nel ritenere che le leggi del 1938 non furono un caso, ma rappresentarono la prevalenza di alcuni elementi della storia italiana e del regime fascista.

Le vicende degli ebrei romani rivelano, infatti, la dolorosa e progressiva presa di coscienza della persecuzione, non come un’imposizione dello straniero, ma come un dramma italiano, quello di italiani contro italiani. Quando la razzia degli ebrei romani è compiuta dai tedeschi, compaiono sempre alcuni italiani come collaboratori, delatori, complici e, talvolta, veri persecutori.

In Italia furono eseguiti 1898 arresti di ebrei da parte di italiani, 2489 da parte di tedeschi, 312 vennero compiuti in collaborazione tra italiani e tedeschi, mentre non si conosce la responsabilità dei rimanenti 2314.

Certo non tutti gli italiani condividevano la persecuzione nei confronti degli ebrei: probabilmente la maggioranza era contraria. Non solo una diffusa contrarietà ma pure con significativi episodi di solidarietà verso i perseguitati. Lo Stato dichiaratamente antisemita era spesso contraddetto, a livello pratico, alla gente che non lo seguiva. Il vissuto degli ebrei mette anche in luce come niente fosse ideologicamente prestabilito nel comportamento dei romani.

Gli ebrei di Roma sono e si sentono romani e italiani. Sono cittadini a tutti gli effetti. Vivono con i non ebrei, con loro frequentano le scuole pubbliche, lavorano insieme, trascorrono insieme la villeggiatura. Non esistevano differenze, né volute, né provocate. Gli ebrei erano uomini e donne con cui si viveva, si studiava, si lavorava, si frequentavano le stesse scuole, gli stessi uffici, spesso senza quasi percepire la loro identità religiosa o culturale.

Esiste un pregiudizio, anzi diversi pregiudizi, ma puntualmente si infrangono e si sciolgono nel contatto con gli ebrei. I quali per origine, dialetto, tradizioni culturali e familiari, abitudini culinarie, e anche certo disincanto dinanzi a papi, imperatori e autorità, appaiono romani, capitolini, forse più di tanti abitanti della città. Inoltre godono di un variegato ventaglio di posizioni sociali, politiche, professionali, culturali, tanto simile a quello dei loro concittadini. Non sono, gli ebrei romani, un gruppo a parte, organizzato in lobby.

Molti, tra Ottocento e Novecento, prima della persecuzione, avevano già abbandonato il ghetto, luogo di oppressione secolare eppure caro al cuore e alla memoria. Si erano stabiliti in quartieri e appartamenti dovunque nella città. Nel ghetto restavano soprattutto i non benestanti. Molti avevano tentato, fuori dal ghetto, la via dell’ascesa sociale borghese. Un folto numero era rimasto in condizioni disagiate. I piccoli mestieri artigianali, o la vendita ambulante, erano rimasti prerogativa di una parte della comunità ebraica romana. I “robivecchi”, raccoglitori e venditori di qualsiasi oggetto, erano frequenti tra gli ebrei del ghetto.

La delusione per le leggi razziali del 1938 è accresciuta dal sentimento di avere contribuito alla formazione e allo sviluppo dell’Italia, magari con il sangue dei familiari caduti nella prima guerra mondiale. Come tanti ebrei tedeschi che si sentivano patrioti prima dell’avvento di Hitler, anche gli ebrei italiani avevano la loro patria. Solo il dieci per cento dei circa cinquantamila ebrei italiani emigra tra il 1938 e il 1945. Di questi, pochissimi, sono gli ebrei romani che concepiscono l’idea di lasciare Roma, considerata la città loro e dei loro da tempo immemorabile. Lo stare a Roma era un motivo di orgoglio, e ancora di più il fatto di abitarvi da un centinaio di generazioni, già nell’epoca di Giuda Maccabeo, ossia nel II secolo a.C.

Per richiamare le parole del rabbino Toaff: «Vi fu antisemitismo di Stato e non di popolo». Diversamente che in Europa orientale e centrale, in Italia e a Roma non c’era odio verso gli ebrei. Questo può spiegare la più favorevole percentuale di sopravvissuti.

Facciamo le dovute proporzioni quando parliamo di dittatura. e di tragedia.

Brano tratto da 16ottobre1943.it

18 commenti:

  1. Spero che domenica, a Roma, i tanti che non vogliono andare a votare, pur professandosi di sinistra, abbiano un sussulto di coscienza. Le pagine che rievochi sono di una tristezza assoluta. E l'odio e i pregiudizi sono sempre più dilaganti, magari sotterranei e sottilmente perversi. Dappertutto. Tra le persone, sui giornali, nei social. Sta divenendo difficile vivere quietamente. E con buon senso.

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    1. Non mi aspetto molto da chi non ha intenzione di andare a votare. Perché penso siano per la maggior parte persone sfiduciate dall'andamento degli ultimi anni (non riesco a dare loro torto) ed invece temo chi sceglierà la destra spinta da una politica arrogante e senza memoria, che può portarci verso il baratro. Magari ce lo meritano? Cosa abbiamo fatto in questi lunghi decenni per evitarlo? Poco e niente.

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  2. Forse gli italiani non sapevano cosa succedeva in Germania con le leggi razziste? Quelle fasciste sono una vergogna assolutamente incancellabile, che faceva presa sul razzismo e sui pregiudizi del popolo. Proprio come il colonialismo del "faccetta nera". Sono pregiudizi vivi ancora adesso.

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    1. Sapevano eccome. Molti in realtà hanno anche aiutato gli amici ebrei, costretti a farlo di nascosto. Del resto era un regime quello, bastava nulla per finire all'inferno. No credo fosse una mera questione di pregiudizio che vale quando c'è tanta ignoranza. Come oggi.

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  3. L'Italia,maggiore alleata, oltre al Giappone, della Germania durante la Seconda Guerra Mondiale, approva le leggi razziali, una vergogna che ci marchierà per sempre.Eppure la Meloni ha avuto la sfromtatezza di voler partecipare alla commemorazione de 1943.
    La comunità ebraica si oppone e salta la visita al Ghetto ...
    https://lacittadiroma.it/la-comunita-ebraica-si-oppone-salta-la-visita...
    15/10/2021 · Home Roma La comunità ebraica si oppone, salta la visita al Ghetto di Meloni. Roma; La comunità ebraica si oppone, salta la visita al Ghetto di Meloni. 10/15/2021. Facebook. Twitter. Pinterest. WhatsApp. Annullato l’omaggio della delegazione di Fratelli d’Italia in occasione dell’anniversario del rastrellamento del ’43
    La comunità ebraica si oppone, salta la visita al Ghetto di FdI

    Che testa può avere questa donna che, recentemente, ha ricordato con ammirazione e nostalgia, Giorgio Almirante che disse , a proposito delle persecuzioni razziali «Il razzismo ha da essere cibo di tutti»




















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    1. Ho letto il commento del presidente della comunità ebraica di Roma, Ruth Dureghello, in merito al rinvio. Ha cercato di smorzare gli animi adducendo a pretesto il fatto che la visita cadeva in concomitanza della giornata di silenzio elettorale. Chiaro che le ragioni sono ben altre. Resta grave e ambiguo l'atteggiamento di Meloni che non condanna gli avvenimenti degli ultimi periodi. Ma del resto, come potrebbe? Si aggiungono alla spazzatura quotidiana, gli insulti che ieri un manifestante dei #nogreenpass ha rivolto a Liliana Segre. Ma dove vuole andare 'sta gente.

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  4. Certamente il fascismo fu un colpo di stato e, a seguire, una dittatura di una minoranza. Però è anche vero che questa minoranza era composta da italiani, quindi una responsabilità anche "di popolo", non solo di stato.
    Inoltre vale anche il discorso della passività: forse davvero la maggioranza degli italiani non condivise le leggi razziali, ma allora perché non scesero in piazza per chiederne l'abrogazione?
    Noi italiani siamo "brava gente" ma dovremmo imparare a non lasciare le piazze in mano a una minoranza facinorosa e a farci sentire anche noi "maggioranza silenziosa" quando non siamo d'accordo con chi comanda.

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    1. A mio parere, una dittatura attecchisce dove trova terreno fertile ovvero, ignoranza e vigliaccheria. E penso che molti italiani, all'epoca, si adagiarono sui proclami fascisti che inneggiavano all'ordine e al lavoro. Che gliene fregava poi se qualche vicino o amico "spariva" da un giorno all'altro. Così fu, all'inizio, anche nei confronti delle leggi razziali. Non li toccava, mica erano ebrei. Sarò dura io, ma la penso così. La coscienza prese il sopravvento in un secondo tempo ma era troppo tardi. Erano cominciate le violenze indiscriminate e si aveva paura. Oggi? Potrebbe accadere lo stesso non impariamo mai dalla nostra storia. E stiamo vivendo momenti tristi e bui.

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  5. Diario - Helene Berr. Una raggaza a Parigi racconta in un suo diario quello che succede ogni giorno nel Parigi occupato dai nazisti. Lei e la sua famiglia non vedono nessuna ragione per abbandonare la Francia. E dove...? E loro sanno che parte dei loro amici "spariscono" quando vengono i soldati tedeschi, ma è una cosa che non ha perché succedere a loro.

    Un giorno, all'improvviso, il diario si ferma, non ci sono più "giorni",... non si sa ché cosa potrebbe essere successa, non si sa ma lo sappiamo tutti.

    podi-.

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    1. Terribile questa vicenda Carlos, non la conoscevo. Quei giorni orrendi fanno parte del nostro passato e sono scolpiti nella nostra memoria. Chi li rinnega o li disconosce non è degno di essere definito "essere umano". Un abbraccio.

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  6. Io mi soffermo sulla tua chiusa .
    Hai ragione e mi chiedo quei no-vax , no-COVID -vax o come cavolo piace farsi chiamare quando tirano in ballo gli ebrei a paragone ( da delirio ) di questa “dittatura” che denunciano.
    Seguendo il loro ragionamento delirante ma si rendono conto che agli ebrei non è stato dato la possibilità di scegliere?
    Non è stata data un alternativa?
    Per me certa gente sta andando fuori di testa.
    Ciao Mariella a presto

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    1. Ieri rabbrividivo sentendo le parole di quel manifestante che si è accanito contro Liliana Segre. Ho l'impressione che si sia superato il limite. Ho smesso di occuparmi e di intervenire sull'argomento perché penso di perdere solo tempo. Fino a prova contraria il vaccino ci sta mettendo al riparo dalla pandemia, è un dato di fatto. Per quel che mi riguarda questa minoranza che inneggia alla libertà è egoista e paranoica. Un abbraccio a te.

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  7. Sicuramente ci fu una differenza tra il popolo tedesco e quello italiano. Quello tedesco era quasi completamente plagiato dalla propaganda nazista il che spiega questo antisemitismo di popolo. In Italia invece le cose andarono diversamente, Mussolini si adeguò a Hitler ma tantissimi italiani non approvarono le leggi razziali. Numerosi infatti gli italiani non ebrei che aiutarono gli italiani ebrei. E una delle cose più assurde di tutta la propaganda antisemita era che scatenava l’odio tra compatrioti. Come si possono concepire tali idee di odio e di violenza, io non lo so. Sicuramente trovano le loro fondamenta nell’ignoranza, ma non c’è solo ignoranza, c’è una depravazione innata, forse, in certe persone.

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    1. Anche una volontà criminale di espropriare e derubare alcuni ebrei abbienti, condannando a morte tutto un popolo. Nel caso di Hitler si sviluppò probabilmente una vera paranoia.

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    2. @ Caterina: in ambedue i casi le dittature attecchirono lì dove la grave situazione economica aveva messo a tappeto la popolazione. Ma non ho volutamente fatto paragoni perché, come dici tu, in Germania si trattò di un vero e proprio plagio della popolazione pianificato passo dopo passo. Sicuramente qui ci furono molti italiani che si opposero al regime per aiutare chi era di origine ebraica. Ma non fu facile.

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    3. @Cesare: diciamo che il tentativo di depredare gli ebrei dei loro averi ha avuto corsi e ricorsi storici che si sono ripetuti nei secoli. Poi Hitler era un paranoico criminale.

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Non conosco nulla al mondo che abbia tanto potere quanto la parola. A volte ne scrivo una, e la guardo, fino a quando non comincia a splendere.
(Emily Dickinson)