Sono passati quarant'anni esatti da quella orribile sera del 23 novembre 1980.Una tragedia che sconvolse tutto il sud e in particolare la terra di mio padre: L'IRPINIA. Ogni volta che torno con il pensiero a quell'attimo lunghissimo (poco più di un minuto) che cambiò in maniera irreparabile anche la mia vita, il dolore ritorna come un boomerang. E il pensiero va a quei morti, più di tremila, tra i quali cugini, zii, amici d'infanzia. Novemila feriti, oltre 280.000 sfollati. Tanti ritardi nei soccorsi.
Vi ripropongo su questa pagina, un mio racconto che fu pubblicato su Vanity Fair Italia e che nacque su ispirazione di un Insieme raccontiamo di Patricia Moll.
"Seduta ai margini del bosco sotto alla vecchia quercia spoglia rimuginava. Un peso le gravava sulla coscienza. Forse era giunta l’ora di liberarsene ma con chi parlarne? A chi rivolgersi? Chi avrebbe capito?
D’un tratto il tappeto di foglie ingiallite dall’autunno scricchiolò vicino a lei. Si voltò..."
Il mio seguito:
"Suo padre, con i capelli imbiancati dalla calce, le mani sporche e piene di graffi, il fisico provato ed un sorriso stanco, la stava osservando.
Erano stati giorni infernali, notti lunghissime e insonni. Da quella domenica sera che nel giro di un minuto scarso, le aveva portato via tutta l’infanzia. Nulla del paese amato, culla delle vacanze estive, era rimasto al suo posto.
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Conza della Campania ante terremoto - immagine presa dal web |
La bella chiesa antica, nel mezzo della piazza, dove aveva passato “interminabili” ore con la nonna e le zie a dire il rosario.
Le care case del centro storico, costruite con i risparmi e i sacrifici di chi era andato via giovanissimo per lavorare all’estero. Pietra su pietra, spesso con le proprie mani, mettendoci anni. E un giorno a tutta quella fatica avrebbe fatto sponda la soddisfazione di possedere un posto dove tornare, che fosse sicuro, che fosse casa. Dove invecchiare, vedere crescere i propri nipoti e la vita continuare lì dove era iniziata. Sostanza per le generazioni future. Famiglia.
Le stradine e i vicoletti che si arrampicavano a fatica fin lassù, alla cima del paese.
La cisterna dell’acqua, dominava la collina e la valle. Circondata da un giardino profumatissimo, che dalla primavera all’estate rimandava odore intenso di rose e di fiori dai colori sfarzosi, coltivati con cura dalle donne di tutto il paese.
Gli anziani del paese, che avevano visto due guerre, insegnavano a figli e nipoti i giochi di un tempo. Avevano istituito una piccola bocciofila. E d’estate, quando le famiglie si ritrovavano, dal pomeriggio fino alla sera, era un rincorrersi di gare, tra giovani e vecchi. Teste canute e teste scure si chinavano a misurare i centimetri tra il pallino centrale e le bocce, tra urla di gioia e “lievi” minacce. Poco distante, i tavolini di chi giocava a carte. Anche lì, giovani e meno giovani, si scambiavano regole e poesia.
Ricordi e profumi che tornavano intensi, mentre lei sollevava lo sguardo verso l’alto non riconoscendo più nulla in quell’ammasso informe di pietre crollate. La cisterna muta dominava ancora la valle, ultimo baluardo doloroso di rimembranza. Sotto, l'istantanea della tragedia.
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Conza della Campania - dopo il terremoto del 23 novembre 1980 |
Le lacrime scivolavano silenziose, mentre un pensiero fisso continuava a martellarle dentro.Poteva sembrare una cosa piccola ma per lei, in quel momento, assumeva un valore immenso.
“Non ho fatto in tempo papà, avevo promesso ad Angela che le avrei portato la mia Barbie Malibù, la mia preferita, per ringraziarla di tutte le estati in cui ho giocato con le sue. Assieme ai miei libri e ai quaderni per inventare nuove storie.”
Con un abbraccio lungo e intenso e un bacio sulla testa, il padre la consolò. Stringendola forte raccontò del dolore, della rabbia della gente, della tristezza, della paura, del senso di impotenza di chi aveva perso tutto ed era rimasto solo. Di quanta gente era venuta da tutta Italia e aveva scavato a mani nude per salvare le persone rimaste sotto le macerie. Degli zii, degli amici che non c’erano più. Di quel minuto interminabile che aveva calpestato gli uomini.
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Conza Scalo - il regno della mia infanzia, dopo il terremoto |
Del nonno, rimasto per quasi tre giorni vivo, sotto le macerie della casa di famiglia. Della gioia provata dal padre e lo zio nell'istante in cui erano riusciti a tirarlo fuori sano e salvo. Dei bambini, delle donne. Dello sgomento, dei ritardi nei soccorsi. Dell’incapacità dello stato di essere tempestivo. Della sofferenza. Di quel nulla che aveva inghiottito tutto. Di questa Italia, piena di ferite, rassegnata a curarsi da sola.
Allora e oggi.
Dedicato a tutti quelli che ho amato e che non ci sono più. Ai miei amici d’infanzia e alle corse nei campi di grano che non dimenticherò mai. Ai giochi lungo la ferrovia, tra i binari e sui treni in disuso. Alle migliaia di “campagne” e di avventure tra i boschi. Ai bagni nel fiume Ofanto, dalle acque limpide come cristallo. Ai miei nonni amatissimi. A mio zio. Alle mie estati.
A Conza della Campania.
All’Irpinia.
Alla terra che trema ancora lungo tutta la dorsale appennina. Alle Marche, all’Umbria, a tutta l'Italia centrale, ai piccoli e meravigliosi paesi che fanno parte della nostra storia, della nostra vita. A chi non dormirà mai più a cuore libero. E ogni volta che la terra tremerà ancora, ripiomberà nell’abisso. Vicino o lontano che sia.
Ad oggi che ho trovato la forza di raccontare.
Voi cosa ricordate di quel giorno? Ne avete mai sentito parlare?
Lo ricordo bene appredi la notizia tramite le immagini ed i servizi dei telegiornali e fi un grande dolore. Vedere luoghi distrutti persone morte intere famiglie senza più nulla. Immagini che non ho più dimenticato
RispondiEliminaPS il tuo racconto è bellissimo e toccante
EliminaAllora c'era la Camorra/DC (o la DC/Camorra). Cosa c'è adesso?
EliminaCesare
@Daniele, impossibile dimenticare. Sia per chi li apprese dai giornali e telegiornali sia per chi li ha vissuti direttamente ed è stato così fortunato da poterne parlare. Io ci ho messo quasi quarant'anni a scriverne. E sono vent'anni che non ci vado. Anche perché il paese di mio padre, come tanti altri, è stato ricostruito a valle. Non c'è più nulla che dia senso ai miei ricordi. Grazie per ke belle parole dedicate al mio racconto!
RispondiElimina@Cesare penso che da quel punto di vista non sia cambiato niente...
RispondiEliminaAvevo trovato su fb un mio vecchissimo amico di Catania. Abbiamo preso a scriverci. Ho smesso quando mi ha detto che la mafia non esiste, che si tratta solo di delinquenza comune. Anche da quelle parti i terremoti, come la connessione tra politica e mafia, sono all'ordine del giorno.
EliminaCesare.
Perché non provo nessuna meraviglia nel leggere il tuo commento?
EliminaDel resto anche a Napoli, la camorra "non esiste"...
La tua scrittura non ha eguali. 😉
RispondiEliminaIl tuo romanzo... quando?
Questi sono ricordi tristissimi, i miei molto diversi dai tuoi. Bisogna viverli certi momenti per comprendere appieno. Senza nulla togliere a chi ha una forte sensibilità e ha sofferto comunque nel vedere l'accaduto. Se non altro per un forte senso d'impotenza.
Il tempo passa ma ogni anno lo si rivive sempre con la stessa nitidezza. E dire che eravamo bimbe.
Bacio Mari.
Tu eri più piccola e avrai ricordi diversi legati alle emozioni provate.
EliminaIo invece, ricordo tutto (come al solito) anche le parole pronunciate da nonna Carmela, che durante quei secondi orribili ci implorava di scappare e lasciarla lì "che lei era vecchia".
Il mio romanzo?
Dai lasciamo stare, che di gente che si "fregia" del titolo di scrittore per robe indegne, ce ne è già troppa. Sai che ho rispetto per le parole.
No Mari, ho ricordi emozionali ma anche visivi. E ricordo anche nonna Carmela, sì...
EliminaVabbè! Ma tu puoi... 😉
Nonna Carmela è commovente. Chissà che fine hanno fatto le disposizioni edilizie antisismiche per le zone a rischio...
EliminaCesare
@ Cesare, Nonna Carmela era il cuore della famiglia e quella sera, quel cuore si stava spezzando.
EliminaIo ero molto piccola, di conseguenza non ricordo nulla. Ma sono rimasta molto colpita, ieri sera, nel vedere i filmati e i racconti dei sopravvissuti in televisione.
RispondiEliminaL'Irpinia e poi L'Aquila e l'Umbria, tragedie diverse ma simili per ciò che riguarda i ritardi nella ricostruzione e i fenomeni di malaffare che puntualmente si presentano in queste situazioni. Sembra sempre la stessa, triste storia che non insegna nulla.
E aggiungerei, scritta sulla pelle delle persone.
EliminaIo faccio fatica anche a rivederle, quelle immagini. Ad esempio mi commuove rivedere il Presidente Pertini che nelle interviste successive, raccontava con emozione e empatia, quel che aveva provato,nel momento in cui aveva visitato il luoghi distrutti dalla furia del terremoto.
EliminaSi mobilitò immediatamente , fece appelli ovunque. Chiese agli Agnelli di mandare in soccorso gli operai delle fabbriche. Fu instancabile, sapeva bene che il ritardo dei soccorsi era stato la principale causa di tutti i morti, oltre che la fragilità dei luoghi. Fu dopo quella tragedia che nacque la Protezione Civile, prima non esisteva. Esattamente come dici tu, poi gli aiuti non raggiunsero chi aveva bisogno. Ci furono scandali, miliardi di lire che presero altre vie, non quelle giuste. La nostra storia continua a non insegnarci nulla, è colpa nostra.
Quella sera mi trovavo a casa dei miei nonni materni a Portici, avevo cinque anni, ma ricordo tutto. Prima un forte boato e poi il classico tremore, le scale erano diventate di burro, uno dei miei zii dallo spavento, scappò mantenendosi a un tubo (fortunatamente era il primo piano). Ricordo di una Luna rosso sangue, delle radioline accese per le notizie e degli occhi terrorizzati delle persone.
RispondiEliminaSaluti a presto.
Non eravamo in casa, sentimmo il boato e poi l'andamento del terremoto sia sussultorio che ondulatorio. Attimi interminabili, in cui ci fu solo la lucitdità di non scappare per le scale (la mia casa di famiglia è all'ultimo piano) ma di fermarci tutti sotto l'arco portante dell'ingresso. Pensa, ricordo anche io la luna, era piena e tutta avvolta nella foschia. Ricordo il dolore e la paura negli sguardi delle persone quando arrivammo in strada, l'impossibilità di raggiungere i familiari al telefono, sia l'elettricità che le linee telefoniche erano saltate. Le prime notizie arrivarono solo il giorno dopo, e cominciò la conta del morti.
EliminaMari Vincenzo ha ragione. Ricordo anch'io la luna, strana, con una leggera foschia e dai contorni rossi. Tanto che mi chiesi come mai,non l'avevo mai vista così.
EliminaL'Italia fatica sempre a rialzarsi dalle macerie di un terremoto. E' una esperienza che devasta sia per la perdita di luoghi cari, quotidianità, che per la possibile scomparsa di familiari, amici...
RispondiEliminaNel 1980 avevo 5 anni, ma ricordo che Pertini fu molto attivo, nei limiti del suo potere di Presidente della Repubblica (bizzarro parlare di "limiti" ma tant'è...), per incoraggiare gli abitanti nella ricostruzione...
Il mio ricordo è però, se vogliamo, comico, poiché si sentì un po' anche nel tarantino, specie ai piani alti (noi abitavamo sull'attico): stavo vedendo la tv con mio padre quando mia madre, rientrando in soggiorno dal corridoio vide il lampadario oscillare: "Stefano, il terremoto..."
Niente, il programma era troppo interessante... Io sentii la frase ma non collegai subito...
Di nuovo, con più incisività: "Stefano! Il terremoto!"
Come non detto.
"STEFANO!!! IL TERREMOTO!!!"
Mio padre mi prese in braccio, scansò mia madre e mi portò di corsa con sé giù in cortile, senza preoccuparsi della sorte di mia madre che si era preoccupata di darci l'allarme, e di mio nonno che era già a letto e che, a detta sua, non aveva sentito niente.
Si vero, Pertini fu attivissimo, lo ricordo bene anche io. Il terremoto si sentì in tutto il sud, qualcuno racconta che anche in Pianura Padana vennero avvertite le scosse. Pensa, mio padre (ferroviere) era a Foggia in servizio. Lo rivedemmo 24 ore dopo, perché anche le linee dei treni furono bloccate. E appena tornato, visto che non avevamo notizie di mio nonno, partì nuovamente assieme a mio zio, nel tentativo di trovarlo e di dare una mano. Cosa che fece assieme alla gente del posto, mentre i soccorsi arrivarono dopo giorni.
EliminaE' sempre così, i primi a muoversi sono i cittadini superstiti, coi mezzi che hanno... Un po' perché l'organizzazione dei soccorsi s'inceppa sempre da qualche parte, un po' perché a volte le vie di accesso restano bloccate.
EliminaFinora sono stato fortunato: ho vissuto in modo blando un paio di terremoti, quello raccontato prima e un altro a scuola; anche in quel caso fu bizzarra la cosa perché avvenne durante l'ora di Scienze in cui il professore parlava della sismicità affermando che se Taranto fosse zona sismica non ci avrebbero insediato l'Ilva, l'Arsenale, la Marina Militare...
Durante la mia parentesi a Bari ce ne furono un altro paio, ma li avvertii a posteriori, dall'agitarsi dei gatti, mentre al momento non mi accorsi di nulla né vidi oggetti dondolare...
Dalle mie parti la terra trema con più frequenza. Una delle ultime volte ero a casa per le feste di Natale. Per fortuna scosse molto lievi, ma il terrore torna immediatamente.
EliminaI miei lo ricordano, si sentii fino in Puglia, le persone in strada con i pigiami, i terremoti sono tremendi.
RispondiEliminaE' stata una tragedia enorme. Come dicevo a Gas, mio padre lo avvertì chiaramente a Foggia, dove era in servizio.
EliminaE chi lo ha vissuto, non lo dimenticherà mai.
Da Roma ho sempre vissuto di striscio, come attutiti, i diversi terremoti che hanno flagellato l'Italia negli ultimi anni. Solo con l'Aquila ho avuto un rapporto diverso, perché andavo a lavorarci, con la nostra banca messa in un container, e ne ho scritto qui https://francobattaglia.blogspot.com/2013/10/laquila-zona-rossa-2009-2011-2013.html#comment-form.
RispondiEliminaCerto le tue parole colpiscono perché avere esatta coscienza di un pre e di un dopo, di persone che conosci e un attimo dopo non ci sono più, cambia la percezione, la profondità, il senso di relazione, la memoria. Rende più fragili e più forti anche. Ma immagino con quanta delicatezza si possa avere cura, per sempre, di quella fragilità.
Andrò a leggere la tua testimonianza.
EliminaHai ragione, siamo diventati più forti e allo stesso tempo ci siamo raccolti in una fragilità che ci lascia nuovamente esposti ogni volta che il pensiero va a quei momento. Ma abbiamo imparato a gestirla in modo tale da preservare con cura la memoria di quei momenti.
Grazie.
Avevo 11 anni, ci eravamo trasferiti da mia nonna dal Vomero nel centro di Napoli perché era rimasta sola. Ci eravamo trasferiti in un quartiere che odiavo, mio padre praticamente ci aveva imposto il trasferimento per non lasciar sola sua madre, ma non aveva chiesto il parere di nessuno. Avevo appena finito di preparare la cartella per andare a Scuola in giorno dopo. Ricordo la scossa, mio padre e maia madre corsero urlando che stav aaccadendo qualcosa ci abbracciammo tutti in un angolo, i nostri genitori, io e le mie due sorelle. Dopo corremmo in strada, ricordo la gente che scappava, le crepe nei muri nei palazzi, le persone spaventate. passammo la notte in macchina, mia nonna anziana, mia madre incinta. A Piazza Cavour si era creata una megalopoli di macchine, una città nella città, tutti a chiedere al vicino se aveva notizie, tutti a cercare di sintonizzarsi per le poche radio che funzionavano. Quella notte non vedemmo un soccorritore, sinceramente non ne vedemmo nessuno nemmeno nei primi giorni. Mia nonna sarebbe morta pochi giorni dopo, mia madre avrebbe partorito mio fratello Gianluigi da lì a poco. Napoli sembrò morire quella notte.
RispondiEliminaAdesso basta, mi fermo, a distanza di decenni i ricordi uccidono ancora.
I nostri ricordi sono strazianti. Mentre leggevo si rinnovava tutto l'orrore. Chi non ha vissuto quei momenti non potrà mai capire fino in fondo la paura. Avere l'esatta sensazione di essere ad un passo dalla morte. Che sei impotente, non c'è nulla tu possa fare, puoi solo sperare che finisca presto e di restare vivo. E ti porterai quel bagaglio appresso per tutto il resto della vita.
EliminaHai ragione, i ricordi uccidono ancora, e ancora.
Ricordo questo tuo brano, Mariella. Mi ha messo i brividi oggi come fece allora.
RispondiEliminaQuanto amore per la tua terra, le tue tradizioni! Quanto dolore per la morte e la distruzione!
Io ricordo il servizio del ma poi mi persi per qualche giorno perchè in concomitanza morì un mio zio, andò a dormire e non si svegliò più.
Cara Pat è sempre lo stesso dolore che si rinnova. Ma grazie alla tua iniziativa sono riuscita a buttarlo fuori, è stata quasi una liberazione. Ora almeno, riesco a parlarne. E ti assicuro che, è un gran passo avanti.
EliminaTi abbraccio.
Mi spiace per te , per tutti quelli che hanno sofferto di questa tragedia.
RispondiEliminaIo avevo undici anni ma non ricordo niente ...ciao
Grazie Max,
Eliminami rendo conto che è difficile trovare le parole giuste. Ma quali sono le parole giuste?
Intanto grazie per essere passato. Anche se non ricordi nulla. Mi ha fatto piacere.
Che sfacelo Mari. Non ricordavo così tante vittime. Onore a te e a Pia e , immagino , a tutta la tua famiglia, che avete superare alla grande quella tragedia vissuta in prima persona, senza strascichi deleteri di ordine psicologico , mi pare di poter dire, conoscendoti e leggendo i tuoi post che sono sempre un esempio di forza d'animo.
RispondiEliminaCri
*SAPUTO
RispondiEliminaSì, resta il ricordo doloroso per i parenti, i cugini e gli amici che sono spariti, inghiottiti in un momento.
EliminaNoi per fortuna eravamo lontani, a Benevento. Furono giorni terribili, io ero adolescente, ricordo tutto.
Stasera su Rai News hanno dato ampio spazio al terremoto. Interviste, servizi, hanno fatto vedere anche il paese di mio padre.
Ad un certo punto è comparsa la lapide commemorativa dei 184 morti. E ho visto il mio nome e cognome, era mia zia. E poi ancora il mio cognome e altri nomi. Altri zii e cugini. Ecco, a quel punto non ce l'ho più fatta. La forza d'animo c'è, oggi meno.
Ti abbraccio.
Bravissima Mary! È stata una terribile tragedia, un dolore non solo per le zone colpite, ma per l'intero Paese.
RispondiEliminaCome per tanti eventi tragici della nostra storia recente, era importante ricordare!
EliminaNo, non ne avevo mai sentito parlare. Mi dispiace per tutto quello che hai perso in questa tragedia. Hai detto bene, un'istantania, la fotografia ci mostra come è diventato il comune dopo la scossa... Ma - non dovrebbe essere così - abbiamo avuto bisogno delle tue parole per capire che la cosa importante non è tanto lo stato delle abitazioni, la distruzione delle abitazioni e le strade ma il dramma vissuto tra il prima e il dopo, e poi il dolore che rimane per quelli che non rimangono più. L'amore degli esseri vicini, quelli che amavamo e ci amavano, che all'improvviso non è più possibile condividere e non se capisce, oppure sì, può capirse ma non siamo in grado accettare.
RispondiEliminapodi-.
Io ricordo soprattutto la paura, sia durante il terremoto che dopo. Quella tragedia ci aveva portato via le certezze, non sapevamo nulla di quel che era accaduto a tanti cari lontani, compreso mio padre, lontano per lavoro. Sembrava che il mondo intero fosse finito in quegli istanti. E ci volle del tempo prima che ci arrivassero delle notizie. Difficile da accettare che nulla sarà più come prima...
EliminaCiao Podi.
7 anni sono abbastanza per ricordare. Io avevo 7 anni.
RispondiEliminaIl 23 novembre 1980, in una strada centrale di Avellino al terzo piano di un palazzo c'ero io con la mia famiglia e quella sera avevamo ospiti mia zia, sorella di papà, con zio e i miei 3 cuginetti e una famiglia di amici venuti da Napoli. Quando tutto iniziò ricordo che ero seduta a terra a giocare con mia cugina di un anno più piccola di me. Mia mamma ci prese per un braccio e ci tirò sotto l'arco della porta, strette tra lei, mia zia, mio fratello e non so chi altro... Mio papà ha poi raccontato che lui passò quei 90 infiniti secondi guardando ora il soffitto ora il pavimento, alternatamente, chiedendosi quale dei due sarebbe crollato prima.
Non crollarono nè l'uno nè l'altro, per nostra immensa fortuna. La scossa finì e scendemmo giù andando a tentoni per le scale, al buio perchè la corrente era saltata. Mia nonna maerna che abitava con noi era in pantofole e vestaglia, noi tutti altri eravamo con addosso giubbini e cappotti presi a caso nell'ingresso nella furia prima di scendere in strada...
Ricordo la gente che urlava e piangeva... Poi il viaggio in macchina che sembrò durare una vita(quando poi si trattava di soli 14 km di autostrada, per andare a Baiano a casa di mia nonna paterna, senza sapere in realtà cosa avremmo trovato una volta arrivati lì.
Ricordo la notte passata a dormire o meglio cercare di dormire in 4 nel lettone di mia nonna, io e i miei 3 cugini, che poi alla fine eravamo almeno contenti di stare insieme.... mio fratello, un po' più grande e più consapevole di noi pretese di dormire in macchina perchè aveva troppa paura di salire in casa e mio padre restò con lui.
Non ho subìto perdite tra familiari e amici, sono stata fortunata davvero e questo ha reso in qualche modo più sopportabile quell'evento devastante. Ma ho visto macerie, disperazione... e questo non posso dimenticarlo, è impossibile.
Nel mio cuore, ogni volta che sento di terremoti forti e distruttivi, rivivo quella sera e tutto ciò che ne è seguito. E la paura provata non si dimentica.
Ricordavo il tuo toccante scritto, Mari. Lo avevo letto all'inizio della nostra consocenza virtuale, nella barra laterale del tuo blog. Mi aveva commosso allora, mi commosso adesso egualmente.
Con tutto l'affetto, sempre, un abbraccio.
Toccante anche il tuo ricordo. Che poi non abbiate avuto persone care tra i morti, non allevia la sensazione di perdita per tutto quello che in quel momento sembrò sparire. E dici una cosa fondamentale: non è possibile dimenticare quella paura; si rinnova ogni volta che apprendiamo di tragedie simili. È Lì, nascosta nel profondo della nostra anima, basta un attimo e ci cattura nuovamente.
EliminaGrazie per il ricordo, non sarò stato facile scrivere. Ti abbraccio forte anche io.
Buongiorno Mariella...una delle cose che temo più al mondo è proprio il terremoto. Credo che sia un'esperienza terrificante per coloro che la vivono e subiscono. Ricordo quell'evento e purtroppo anche quelli successivi accaduti nelle altre regioni italiane. Considerato le caratteristiche della nostra bella patria, la prima cosa in cui investire dovrebbe essere la prevenzione, ma purtroppo, siamo carenti in questo e i risultati sono quelli che si vedono nelle foto. Ciao e grazie per il ricordo.
RispondiEliminaVero, la nostra terra trema ovunque e spesso. Nonostante ciò e tante leggi nate successivamente, all'atto pratico rimaniamo esposti perché le delibere antisismiche non vengono rispettate pienamente. Per cui, ogni volta che accade una nuova tragedia, siamo sempre lì a piangere, a promettere e a non far nulla affinché le cose cambino davvero.
EliminaUn abbraccio e grazie per essere passata.
Ho vissuto molti piccoli terremoti, e uno grande (Friuli), mai nessuno così. La sensazione che la terra si muove sotto i piedi ti blocca, ma se ci sono bambini o vecchi devi proteggerli. Spesso l'impotenza è schiacciante.
RispondiEliminaCesare
Mi ricordo che, molti friulani, partirono per dare una mano in Irpinia. Il loro dramma era recente e misero a disposizione della nostra terra martoriata a loro esperienza. Altro bell'esempio di altruismo e solidarietà.
EliminaSì, l'impotenza è un peso che ti schiaccia. E rimanere in balia delle incertezze sul futuro oltre che del dolore, è qualcosa di terrificante.
Dev'essere davvero una cosa terribile, che nessuna immagine televisiva può rendere se non la si vive, la puoi solo immaginare. Le catastrofi naturali credo siano le prove più terribili, una persona giovane può risollevarsi e ripartire, ma se anche solo a cinquant'anni che non si è certo vecchi rimani senza nulla, come ti risollevi? Chi ha vissuto queste cose ha una memoria, come se rimanesse nel tuo DNA, credo che dopo queste esperienze niente possa fare così paura, puoi amare di più la vita oppure restare a terra, devastato nell'animo.
RispondiEliminaLe date servono per ricordare, il cuore ricorderà sempre. Sono solo parole, restano frasi consolatorie, me ne scuso.
È difficile perfino parlarne, figurati viverlo. Però è un'esperienza che ti tempra. Ripeto, nel mio piccolo, rispetto ad altri, sono stata fortunata. Però, la volontà di ricostruire è poi la bussola che ti guida per cercare di passare oltre e ricominciare a vivere. E va bene per tutti, giovani e anziani. Le date sono importanti, perché abbiamo la cattiva abitudine di dimenticare tutto, anche quello che è successo il giorno prima. La cattiva memoria degli uomini ci costringe a rinnovare i ricordi e i dolori nella speranza che tanti errori non si compiano più. Cosa che non avviene quasi mai, ma non ci si deve arrendere. Grazie di cuore per il tuo intervento.
EliminaUn abbraccio grande.
avevo 5 anni quindi ricordo poco e niente, però purtroppo ho bene a mente tutto quello che è venuto dopo
RispondiEliminaQuello che è venuto dopo è stato uno schifo...
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